Il Comitato anti-tortura del Consiglio d'Europa sottolinea che dal 2009 ha ricevuto numerose denunce di maltrattementi compiuti con pugni, schiaffi e colpi di manganello
Il Comitato anti-tortura del Consiglio d’Europa nel suo rapporto annuale invita gli Stati europei a porre fine alla “pratica illecita” dei “respingimenti” e ai maltrattamenti inflitti da parte delle forze dell’ordine a cittadini stranieri “privati della libertà durante gli allontanamenti forzati”. Il rapporto è stato pubblicato sul sito del Consiglio d’Europa.
Nel documento il Cpt evidenzia che c’è un ricorso sempre più frequente ai respingimenti violenti durante le intercettazioni in mare, ai valichi di frontiera, o di persone già entrate sul territorio, e che queste sono pratiche che “alcuni Stati membri del Consiglio d’Europa tentano di legalizzare”.
L’organo anti tortura aggiunge che dal 2009 “ha ricevuto numerose denunce di maltrattamenti di migranti da parte della polizia e delle guardie di frontiera e ha visitato centri di immigrazione vicino ai confini in condizioni spaventose”.
I maltrattamenti, dice il Cpt consistono soprattutto in pugni, schiaffi, colpi di manganello quando la persona è fermata, ma anche nello sparare vicino ai migranti quando sono già a terra, spingerli nei fiumi e attraverso i confini anche completamente nudi, privarli di ogni bene, o di acqua e cibo. Strasburgo evidenzia che questi atti sono raramente indagati. Anche per questo chiede a tutti gli Stati di creare dei meccanismi indipendenti che indaghino sulle denunce di maltrattamenti e respingimenti. “Molti Paesi europei affrontano sfide migratorie molto complesse, ma questo non significa che possano ignorare i loro obblighi in materia di diritti umani”, dichiara Alan Mitchell, presidente del Cpt.
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