Serve a contrastare il rialzo dei tassi voluto dalla Bce per chi ha un mutuo a tasso variabile

In un emendamento presentato nell’ambito della discussione parlamentare sulla Legge di bilancio, il governo ‘risponde’ all’aumento dei tassi di interesse varato dalla Banca Centrale Europa per contrastare la crescita dell’inflazione. L’esecutivo ha infatti rispolverato una norma varata nel 2011 per venire incontro alle difficoltà di chi ha contratto – al fine di acquistare o ristrutturare la propria prima casa – un mutuo a tasso variabile. Dunque più suscettibile alle oscillazioni di politica monetaria come quelle attuali, o come quelle varate dalla Bce nel 2011. Grazie all’introduzione dell’articolo 59-bis al testo della manovra, sarà possibile infatti trasformare i mutui a tasso variabile in mutui a tasso fisso, se di importo non oltre i 200mila euro. Inoltre, bisognerà avere un Isee non superiore ai 35mila euro e aver pagato regolarmente finora le rate del mutuo.

La misura inserita in manovra dovrebbe permettere alle fasce più in difficoltà della popolazione di reagire ai prossimi annunciati aumenti dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, che hanno tra i loro principali effetti anche quello di spingere al rialzo gli interessi dei mutui a tasso variabile.Le banche non potranno esimersi dall’accettare la rinegoziazione se richiesta da utenti in possesso dei requisiti. Il nuovo tasso sarà determinato dalla selezione di quello più favorevole tra l’indice interbancario Irs a 10 anni e il tasso Irs di riferimento rispetto alla durata residua del mutuo al momento del cambio. A questo si dovrà poi aggiungere lo spread previsto nel contratto di mutuo, ovvero il guadagno della banca. Facendo un esempio, chi avesse contratto due anni fa un mutuo a 30 anni dovrebbe calcolare il nuovo tasso sui 28 anni di mutuo rimanenti, e in questo caso dunque prendere a riferimento il tasso Irs a 25 anni, attualmente al 2,33%. Su questo andrà aggiunto lo spread determinato al momento della stipula del mutuo, per arrivare ad un nuovo tasso che dovrà per forza essere inferiore al 5-6%, livello a cui, come ricordato anche dalla Federazione autonoma bancari italiani, potrebbero spingersi i mutui. Per rincari potenziali, in assenza di rinegoziazione, fino ai 30-40 euro per rata, come stimato dal Codacons. 

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