Da Adriano Panatta all'altoatesino, è un nuovo trionfo azzurro
La Next Gen della racchetta azzurra ha avuto il potere magico di cancellare di colpo la nostalgia del ricordo. Erano 47 anni che l’Italia del tennis viveva coniugandosi al passato, spolverando a cadenza regolare l’impresa storica del 1976 quando quei ‘Fab Four‘ che rispondono al nome di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli – con Nicola Pietrangeli, capitano coraggioso – conquistarono la prima Insalatiera d’Argento. Prima e unica, fino a oggi. Da allora ci hanno costruito una biblioteca alla memoria, fatta di libri, documentari, racconti, mostre e persino podcast ricchi di fascino.
Ora quella pagina scritta in terra cilena, che trasformò la visione del tennis nell’opinione pubblica italiana da sport di élite ad autentica passione popolare, può essere finalmente girata iniziando un nuovo capitolo. Dall’Estadio Nacional, teatro degli orrori perpetrati dalla dittatura di Pinochet contro gli oppositori politici, si possono ora raccontare per le future generazioni le notti magiche di Malaga, dove altri quattro giovani ‘moschettieri’ hanno stregato un’intera Nazione tenendola incollata ai teleschermi come solo ha saputo fare nei tempi d’oro la Nazionale di calcio al Mondiale. Stavolta è toccato a ragazzi terribili presi per mano da Jannik Sinner fare di nuovo la storia.
Il 21enne altoatesino ha trascinato con sé in questa corsa corsa magica amici più ancora che compagni di squadra come Lorenzo Musetti, Matteo Arnaldi e Simone Bolelli. Ci voleva un ‘faro’ come Jannik, protagonista di un 2023 in progressiva crescita che lo ha issato a numero 4 del mondo, per illuminare l’Italia e portarla al traguardo atteso da quasi mezzo secolo. Proprio lui che fu duramente criticato lo scorso settembre per aver ‘snobbato’ la fase a gironi di Coppa Davis, rinunciando a scendere in campo a Bologna contro il Canada, il Cile e la Svezia, per riposare e ritrovare la forma migliore. Un forfait che divenne un caso ‘Nazionale’. Jannik con il silenzio e il sacrificio, si è riscattato con gli interessi, spegnendo le polemiche dei suoi detrattori con una prestazione mostre dimostando con i fatti il suo attaccamento all’azzurro.
Questa Italia da sogno ha prima passato la prova del fuoco superando la Serbia di Nole Djokovic (eroe in patria che già nel 2010 aveva consegnato alla sua gente il trofeo a squadre) grazie alla prestazione di Sinner che in un pomeriggio indimenticabile ha battuto due volte il numero uno al mondo (a cui ha annullato tre match point nel confronto in singolare) e poi ha piegato la resistenza dell’Australia, avversaria che la Nazionale non aveva mai battuto nelle precedenti tre finali giocate tutte sull’erba di casa degli ‘aussie’: 4-1 a Sydney nel 1960, 5-0 a Melbourne nel 1961 e 3-1 ancora a Sydney nel 1977. Nell’ultimo epilogo c’erano proprio loro, Panatta, Bertolucci e Barazzutti. Dove non è riuscito il magico Adriano ci ha pensato Sinner che proprio in questa stagione lo ha raggiunto diventando numero 4 al mondo. Un passaggio di consegne migliore non poteva esserci per celebrare il nuovo romanzo del tennis azzurro.
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