L'annuncio dopo l'intervista al Corriere, in cui ha detto: "Luigi deve fare un passo indietro, decida lui da cosa"

"Siccome non voglio passare per traditore, consegnerò le mie dimissioni da parlamentare a Di Maio e sarà lui a decidere cosa farne". Ad annunciarlo il senatore M5S Gianluigi Paragone ad Agorà su Rai3, "dopo il titolo di oggi" relativo alla sua intervista al Corriere della sera. "Non esiste l'opzione di andare altrove", aggiunge, "resto se c'è ancora un rapporto di fiducia, ma io resto un rompiscatole".

L'intervista al Corriere – Ma cosa ha detto Paragone al Corriere? Il succo del colloquio è che, secondo il senatore, Di Maio deve fare un passo indietro da una delle sue molteplici cariche. "Finché si scriveva con la minuscola, l'io andava anche bene. Ma si è cominciato a scriverlo con la maiuscola. Se vuoi fare Superman, devi dimostrare di esserlo", spiega Paragone, sottolineando che "a 32 anni non puoi fare il capo della prima forza del Paese, il vicepremier, il ministro dello Sviluppo economico e il ministro del Lavoro". "Il redde rationem è impietoso. Il Movimento è al suo minimo storico e come vicepremier ha perso la sfida".

Al Mise "il Nord lo ha bocciato. I nostri referenti devono essere gli artigiani. Perché andare da Confindustria?", prosegue il pentastellato, mentre al Lavoro "mi è piaciuto. Ma se fai il decreto Dignità devi usare gli ispettori del lavoro come un esercito. Serve un ministro a tempo pieno". Un passo indietro "lo farà. Decida lui da cosa. Abbiamo bisogno di una leadership forte: deve andare per sottrazione. Il Movimento ha bisogno di un interlocutore che lo ascolti. E non può tenere due ministeri".

"Non mi piace la definizione" di segreteria politica per M5S, dice ancora Paragone, "ma sì, si deve passare a una collegialità. Un gruppo ristretto, 4 o 5 persone che rappresentino tutte le anime". Quanto a Di Battista, "se vedi che non sei apprezzato, ti chiedi perché continuare. Finalmente lo recuperiamo: non in una diarchia, ma in un soggetto collettivo", mentre Conte "uno dei suoi tratti distintivi è l'eleganza. Ma deve imporsi e dire che questo non è un governo di destra". Beppe Grillo, "come Alessandro, si è messo da parte. Ma doveva essere coinvolto di più". Se il governo gialloverde cadesse, conclude Paragone, nessun accordo col Pd: "Assolutamente no, gli elettori non capirebbero. Possiamo stare tranquillamente all'opposizione".

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