Il presidente della Federal Reserve: "C'è ancora strada da fare per mantenere l'inflazione al 2%"
“Sarà opportuno aumentare i tassi di interesse due o più volte entro la fine dell’anno“, visto che l’inflazione “rimane ben al di sopra del nostro obiettivo di lungo periodo del 2%”. Con queste parole, pronunciate in un discorso al Banco de Madrid, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell sottolinea come i membri del Federal Open Market Committee – l’organo che regola la politica statunitense sui tassi – intendano riprendere la stretta anti-inflazione, solamente interrotta dunque alla scorsa riunione, quando decisero di non intervenire ulteriormente. Del resto, nel corso dei 12 mesi terminati a maggio, come sottolineato da Powell, “si stima che i prezzi totali della spesa per consumi personali siano aumentati del 3,9%“, mentre se si escludono le categorie alimentari ed energetiche volatili, dunque la cosiddetta ‘inflazione core’, i prezzi “sono probabilmente aumentati del 4,7%”.
E quindi, nonostante l’inflazione si sia “leggermente moderata dalla metà dello scorso anno”, le pressioni “continuano a essere elevate”, ha sottolineato la guida della Fed. Anche perché i tempi di trasmissione delle politiche macroeconomiche all’economia reale, come ricordato da Powell, hanno tempi più lunghi. “Vediamo gli effetti dell’inasprimento della nostra politica sulla domanda nei settori più sensibili ai tassi d’interesse dell’economia, in particolare l’edilizia abitativa e gli investimenti”, ha sottolineato l’economista, per cui “ci vorrà tempo, tuttavia, perché si realizzino tutti gli effetti della restrizione monetaria”.
Sull’opinione favorevole a nuovi rialzi da parte degli economisti ha influito senza dubbio anche l’andamento dell’economia. I nuovi dati sul Pil statunitense, stimato in crescita del 2% nel primo trimestre, testimoniano del resto lo stato di forza dell’economia Usa. Forza confermata anche dal calo delle nuove richieste di sussidi di disoccupazione, che toccano i minimi da maggio. Insomma, l’economia Usa è tutt’altro che indirizzata verso uno scenario recessivo, e la volontà di riportare l’inflazione intorno al 2% presuppone la necessità di un nuovo intervento sui tassi.
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