Il portavoce di Amnesty Italia commenta anche la decisione di molte squadre di non indossare la fascia arcobaleno

Continuano le polemiche sul mancato rispetto dei diritti umani in Qatar 2022. “C’è una responsabilità enorme da parte della Fifa. Solo tre giorni prima il presidente della Fifa Infantino aveva fatto sfoggio di retorica dicendo ‘io mi sento gay’, poi non appena qualcuno prende una iniziativa per ricordare la discriminalizzione degli omosessuali in Qatar si minacciano sanzioni come un cartellino giallo. C’è una profonda incoerenza. C’è un tradimento dei valori della Fifa che dovrebbe incoraggiare questi gesti anziché minacciare”. Così a LaPresse, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, in merito alla polemica dopo il no della Fifa ai capitani che volevano indossare una fascia arcobaleno a sostegno delle comunità Lgbtq+. “Attaccarsi al protocollo e al regolamento in maniera ortodossa è sempre la via di fuga migliore. Non è la prima volta che si cercano di dare messaggi, è successo durante gli Europei. Come Amnesty International riteniamo che queste iniziative dovrebbero essere appoggiate e incoraggiate e non sanzionate appellandosi ai regolamenti”, ha sottolineato.

Le fasce tricolori

Amnesty torna anche sul caso delle fasce arcobaleno: “Immaginare di fare dei gesti a costo zero è utopistico. Sono curioso di vedere se il capitano della Germania Manuel Neuer farà qualcosa, perché ha detto che lui vorrebbe insistere, mi affido a lui” dice Noury, in merito alla polemica dopo il no della Fifa ai capitani che volevano indossare una fascia arcobaleno a sostegno delle comunità Lgbtq+.

L’Iran

Noury parla anche del caso Iran. “Penso ai calciatori iraniani che non hanno cantato l’inno nazionale, io non credo che la federazione sia stata contenta però lo hanno fatto. E francamente rischiano ben più di un cartellino giallo”. Così a LaPresse, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, in merito alla polemica dopo il no della Fifa ai capitani delle nazionali, impegnate ai Mondiali di calcio in Qatar, che volevano indossare una fascia arcobaleno a sostegno delle comunità Lgbtq+. “Se dobbiamo pensare a dei gesti di coraggio dobbiamo risalire a quello di Città del Messico ai Giochi del 1968 o alla maglietta rossa di Panatta e Bertolucci nella finale di Coppa Davis in Cile. Stiamo parlando di anni Settanta. Questo vuol dire che non c’è più il coraggio di allora? Più che altro c’è meno passione per i diritti civili che era così presente nello sport nella seconda parte dello scorso secolo. Certo, ci sono maggiori interessi economici e di sponsor ma forse è proprio in queste situazioni che dovremmo invitare a essere coraggiosi perché in fondo, e lo dico da tifoso, il pallone è anche nostro. E qui si tratta di riprendercelo”, ha concluso.

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