L'autorità italiana per la protezione dei dati personali ha affermato che sta intraprendendo azioni provvisorie "fino a quando ChatGpt non rispetterà la privacy" degli utenti

OpenAI, la società con sede negli Stati Uniti che ha sviluppato il chatbot di intelligenza artificiale ChatGpt, ha dichiarato di aver disabilitato il servizio per gli utenti italiani su richiesta del governo. La decisione arriva dopo lo stop a ChatGpto imposto ieri dal Garante per la privacy. L’autorità italiana per la protezione dei dati personali ha affermato che sta intraprendendo azioni provvisorie “fino a quando ChatGpt non rispetterà la privacy”, inclusa la limitazione temporanea dell’azienda dal trattamento dei dati degli utenti italiani. Per il Garante, OpenAI deve riferire entro 20 giorni quali misure ha adottato per garantire la privacy dei dati degli utenti o affrontare una multa fino a 20 milioni di euro o il 4% delle entrate globali annuali. OpenAI ha affermato di ritenere che le sue pratiche siano conformi alle leggi europee sulla privacy e spera di rendere presto disponibile ChatGpt per l’utenza italiana.

OpenAI ha annunciato nei giorni scorsi che doveva portare ChatGpt offline per correggere un bug che consentiva ad alcune persone di vedere i titoli, o le righe dell’oggetto, della cronologia chat di altri utenti. “La nostra indagine ha anche rilevato che l’1,2% degli utenti di ChatGpt Plus potrebbe aver rivelato dati personali a un altro utente”, ha affermato la società. “Riteniamo che il numero di utenti i cui dati sono stati effettivamente rivelati a qualcun altro sia estremamente basso e abbiamo contattato coloro che potrebbero essere interessati”.Il Garante per la privacy ha messo in dubbio che OpenAI avesse una giustificazione legale per la sua “massiccia raccolta ed elaborazione di dati personali” utilizzata per addestrare gli algoritmi della piattaforma. Secondo l’autorità ChatGpt a volte può generare – e archiviare – false informazioni sugli individui. Infine, il Garante ha osservato che non esiste un sistema per verificare l’età degli utenti, esponendo i bambini a risposte “assolutamente inadeguate alla loro età e consapevolezza”.

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