Il Paese sudamericano arriva diviso all'anniversario dell'11 settembre

‘L’altro 11 settembre’, quello del Cile, è una data spartiacque da molto prima degli attacchi terroristici del 2001 alle Torri gemelle. Lo è da 50 anni, da quando l’11 settembre del 1973 il generale Augusto Pinochet rovesciò con un colpo di Stato militare il governo democraticamente eletto di Salvador Allende, primo presidente marxista dell’America Latina, dando il via agli orrori di una dittatura che sarebbe durata 17 anni, con violazioni dei diritti umani, torture, uccisioni e oltre 1.100 persone che risultano ancora desaparecidas. Quell’11 settembre dal palazzo presidenziale della Moneda a Santiago, che fu bombardato, Allende uscì morto, secondo le ricostruzioni suicida: i suoi occhiali rotti, ritrovati nel palazzo e oggi conservati nel Museo di storia nazionale, sono il simbolo della rottura della democrazia di allora, che costrinse tanti alla fuga in esilio, anche in Italia.

Ma al 50esimo anniversario dell’11 settembre cileno il Paese giunge diviso. Mostre, concerti e iniziative di commemorazione si tengono in Cile dall’inizio dell’anno e per l’11 settembre il governo di sinistra del presidente Gabriel Boric, ex leader studentesco che a marzo 2022 è diventato il più giovane capo dello Stato cileno insediandosi all’età di 36 anni, ha organizzato una cerimonia ufficiale alla Moneda, ma la coalizione di destra e centro-destra Chile Vamos ha annunciato che non parteciperà. Il contesto è quello di una contrapposizione con Boric.Il presidente aveva proposto all’opposizione di firmare il cosiddetto ‘Compromiso de Santiago’, un accordo da cui sperava di ottenere una condanna trasversale dei fatti dell’11 settembre, ma Chile Vamos ha detto no: ha rilanciato con una dichiarazione alternativa in cui si parla di “rottura della democrazia” e ha chiesto a Boric di condannare qualunque tipo di violenza, accusandolo di avere creato un clima polarizzato che potrebbe portare a un 11 settembre violento.

Le divisioni emergono anche dal sondaggio ‘Pulso Ciudadano‘ di Activa, condotto a fine agosto su un campione rappresentativo a livello nazionale: oltre la metà degli intervistati (il 56,5%) ha dichiarato di essere per nulla o poco interessata alla commemorazione e poco meno di un terzo (il 32,8%) si è detto fortemente d’accordo o d’accordo con il colpo di Stato.Il colpo di mano di Pinochet giunse dopo tre anni di presidenza Allende, che era guardata con preoccupazione dagli Stati Uniti allora guidati da Richard Nixon, intimoriti da un ‘pericolo comunista’ (Allende era fra l’altro amico personale di Fidel Castro). Una presidenza caratterizzata da nazionalizzazioni, che furono osteggiate, durante la quale i cittadini si trovarono a fare i conti anche con un’inflazione galpoppante. Quando i militari presero il potere, inaugurarono un’economia di libero mercato che di colpo permise a chi ne aveva i mezzi di aumentare i consumi, mentre la povertà saliva. Si ritiene che proprio l’11 settembre Allende avesse in programma di annunciare un plebiscito, il golpe giunse prima. Partì già quel giorno la repressione degli oppositori, che vennero arrestati in massa e portati in uno stadio di Santiago diventato centro di detenzione e tortura: fra loro c’era il cantautore Victor Jara, voce degli anni di Allende, che fu ritrovato morto pochi giorni dopo. Sono giunte pochi giorni fa le condanne per la sua uccisione e tortura, a carico di 7 ex militari, uno dei quali si è suicidato per evitare l’arresto. Fra i molti esiliati cileni in Italia gli Inti Illimani, che si trovavano sulla cupola di San Pietro quando seppero del golpe, erano in Europa per una tournée e alla fine si fermarono per 15 anni.

Il presidente Sergio Mattarella, in una recente visita in Cile, ha sottolineato che “le forze politiche dell’Italia democratica e le sue istituzioni, a partire da quell’11 settembre del 1973, vissero fianco a fianco con il popolo cileno le sue sofferenze, non rinunciando ad atteggiamenti di sanzione diplomatica ma operando perché qui a Santiago l’ambasciata italiana fosse pienamente operativa divenendo, negli anni successivi al colpo di Stato, punto di riferimento per centinaia di perseguitati, offrendo loro rifugio e salvandone la vita”.A fine agosto Boric ha annunciato un Piano nazionale di ricerca dei desaparecidos dell’era Pinochet, un piano che mette al centro lo Stato, mentre finora questo compito era stato portato avanti da familiari delle vittime e gruppi per i diritti umani. Ma la sua amministrazione sta cercando risposte anche all’estero, per ricostruire ogni tessera del mosaico: Santiago spinge perché gli Usa declassifichino dei documenti per fare chiarezza sul ruolo svolto dagli Stati Uniti nel golpe, una richiesta che è stata appoggiata anche dalla deputata democratica newyorkese Alexandria Ocasio-Cortez durante una recente visita nel Paese sudamericano. Pinochet restò al potere fino al 1990, dopo che la maggioranza dei cittadini votò contro il governo militare in un referendum tenutosi nel 1988. Comandante in capo dell’esercito fino al 1998, diventò poi senatore a vita e morì nel 2006 senza mai essere stato condannato. Fu però arrestato a Londra nel 1998 per ordine del giudice spagnolo Baltasar Garzon, una detenzione che si prolungò per 503 giorni, quando il Regno Unito negò l’estradizione in Spagna e Pinochet rientrò in Cile.

 

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