E' rimasto ucciso in uno scontro a fuoco tra militari e paramilitari, era nel Paese per l'Oim

La situazione in Sudan è sempre più problematica. “È con grande dolore che confermiamo la morte di un prezioso membro dello staff dell’Oim in Sudan, avvenuta oggi dopo che il suo veicolo è stato coinvolto in un fuoco incrociato a sud di El Obeid”, in Sudan. Lo riferisce l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), agenzia dell’Onu. “L’Oim piange questa tragedia, ribadisce l’appello a porre fine alle violenze e chiede che i civili siano protetti”, fa sapere l’agenzia. 

Il membro dello staff dell’Oim è morto “stamattina dopo che il veicolo su cui viaggiava con la sua famiglia a sud di El Obeid è stato coinvolto nel fuoco incrociato tra due parti in guerra”, ha confermato il direttore generale dell’Oim, Antonio Vitorino. “Sono profondamente addolorato per la morte del nostro collega operatore umanitario e mi unisco al lutto della moglie e del figlio neonato e del nostro team in Sudan”, afferma Vitorino. “La sicurezza di tutto il personale dell’Oim è la mia priorità numero uno”, aggiunge.

Il dipartimento di Stato ha confermato anche l’uccisione di un cittadino statunitense negli scontri in Sudan. “Siamo in contatto con la famiglia, alla quale offriamo le nostre più sentite condoglianze”, ha detto il portavoce Vedant Patel, senza fornire ulteriori dettagli “per rispetto” della famiglia della vittima.

Gli Stati Uniti vogliono essere “pronti” all’evacuazione del loro personale diplomatico “in caso di necessità”. Lo ha riferito il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, confermando che il Pentagono sta posizionando truppe nella regione per fare fronte a ogni evenienza. La situazione in Sudan e a Khartum, ha detto Kirby, rimane “molto tesa” e i combattimenti “continuano”. Kirby ha anche invitato i cittadini Usa presenti nel Paese a “mettersi al sicuro”.

Anche il ministro Tajani ha parlato dei connazionali nel Paese, circa 200 secondo le stime, e di una “situazione preoccupante”.

L’Ue pronta all’evacuazione

“Ci sono sette stati membri rappresentati a Khartum e siamo in stretto contatto con tutti gli Stati membri. Stiamo cercando di coordinare un’operazione per far uscire i nostri civili dalla città, che ora si trova in una situazione ad alto rischio. Stiamo lavorando su diverse possibilità per far uscire le persone. Per ora, la valutazione, compresa quella dell’ambasciata Ue, è che non ci siano le condizioni di sicurezza per andare avanti con un’operazione di questo tipo”. Lo riferisce un alto funzionario Ue in vista del Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì.

“Seguiremo da vicino la situazione aspettando il momento in cui si possa fare. E in quel momento, secondo le nostre aspettative, saremo pienamente preparati ad andare avanti con l’evacuazione dei nostri cittadini nazionali e dei cittadini dell’Ue“, ha spiegato il funzionario. “Nella storia del Sudan i conflitti sono sempre stati nel Sud Sudan e nelle province a Est. Questa è la prima volta che l’instabilità è nella capitale, e ciò è molto preoccupante”, ha aggiunto.

Esercito accetta tregua di tre giorni per fine Ramadan

L’esercito del Sudan afferma di accettare una tregua di tre giorni per consentire alla popolazione di celebrare la festa musulmana di Eid al-Fitr che conclude il mese sacro del Ramadan. Le forze armate – in una nota ripresa dal Al-Jazeera – ha detto di “sperare” che anche i rivali delle Forze di supporto rapido (Rsf) “rispettino tutti i requisiti della tregua e fermino qualsiasi mossa militare che possa ostacolarla”.

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