Dopo giorni di attesa, il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha annunciato i primi nomi del governo ad interim del dichiarato Emirato islamico dell’Afghanistan. Nessun posto per le donne né per esponenti che non appartengano agli studenti coranici. I ruoli chiave sono stati affidati alla vecchia guardia del gruppo che si è distinta nella lotta contro la coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti. Il mullah Mohammad Hasan Akhund sarà il nuovo premier, mentre il mullah Abdul Ghani Baradar, che nei giorni scorsi era stato indicato come il favorito per guidare l’esecutivo, avendo guidato i negoziati di Doha, sarà uno dei due vicepremier. Il ministero della Difesa è stato affidato al mullah Yaqoob, figlio del fondatore dei talebani, il mullah Omar. Mentre l’Interno va a Sirajuddin Haqqani, leader della controversa rete Haqqani e ricercato per terrorismo dall’Fbi. Anche il premier compare nella lista dei terroristi dell’Onu: le Nazioni Unite lo definiscono uno “stretto collaboratore e consigliere politico” di Omar, originario di Kandahar, provincia dove sono nati i talebani. Il portavoce Zabihullah Mujahid non ha specificato per quanto tempo il governo rimarrà in carica e finora dai combattenti non sono arrivati segnali di future elezioni.

La scelta del nuovo esecutivo rende ancora più complicato, per gli Usa e per l’Occidente, proseguire un dialogo con i talebani in vista dell’evacuazione dei civili che vogliono lasciare il Paese. “Non abbiamo fretta di riconoscere i talebani”, ha affermato la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One.

Nella prima dichiarazione rilasciata dalla presa di Kabul, il leader supremo dei talebani Hibatullah Akhundzada ha detto al governo di applicare la Sharia, la legge islamica. “Non consentiremo a nessuno di interferire nei nostri affari, abbiamo diritto di essere riconosciuti ufficialmente e di essere sostenuti“, ha affermato in conferenza stampa il portavoce dei talebani, sottolineando poi che il problema della sicurezza “è stato risolto” poiché “non c’è più la guerra”. Un riferimento alla regione del Panshir, ultima roccaforte dei ribelli, da cui Ahmad Massoud ha lanciato l’appello per una rivolta nazionale antitalebana.

Nel Paese la situazione è drammatica. L’Onu ha avvertito che i servizi di base stanno collassando e che il cibo e gli aiuti umanitari stanno per finire. A Kabul si sono tenute nuove manifestazioni, contro i talebani e contro il Pakistan, accusato di aver aiutato gli studenti coranici nella guerra nella valle del Panshir. Secondo testimoni sul posto, i combattenti hanno aperto il fuoco contro le migliaia di persone, tra cui molte donne, che sono scese in piazza per protestare. Vari giornalisti e cameraman che hanno seguito il corteo sono stati prelevati, arrestati e portati in luoghi sconosciuti, ha denunciato una reporter di Tolo News. Alcuni sono stati successivamente rilasciati. “Mi hanno strisciato la faccia per terra e mi hanno imposto di scusarmi per aver coperto la protesta, il giornalismo in Afghanistan è sempre più difficile”, ha raccontato uno di loro all’Associated Press. Proteste si sono tenute anche ad Herat dove due persone sono morte e altre otto sono rimaste ferite.

L’Occidente non ha parlato di riconoscimento dell’Emirato ma di un dialogo con i talebani per garantire l’evacuazione dei civili che vogliono lasciare il Paese. Un rappresentante dei talebani nelle scorse ore ha affermato che gli afghani con visti e passaporti validi bloccati nella città settentrionale di Mazar-e-Sharif e in attesa di prendere voli per lasciare il Paese potranno partire. I talebani hanno assicurato un passaggio sicuro per tutti coloro che cercano di lasciare il Paese con documenti di viaggio adeguati, ha detto il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken dal Qatar. Washington stima che siano ancora circa 100 i cittadini statunitensi in attesa di essere evacuat

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