I punti riassunti nella cosiddetta 'Dichiarazione di Carbis Bay'
Mai più una pandemia globale con la devastazione umana ed economica del Covid-19. È con questo intento che i leader del G7 riuniti in Cornovaglia lanciano un piano anti-pandemia, riassunto nella cosiddetta ‘Dichiarazione di Carbis Bay’. Il tutto nel giorno in cui Boris Johnson – mentre è impegnato a fare gli onori di casa con i leader di Usa, Regno Unito, Canada, Francia, Germania, Giappone e Italia – lascia intendere che il suo Paese, visti i timori per la diffusione della variante Delta, potrebbe ritardare le riaperture definitive inizialmente previste per il 21 giugno. Uno slittamento forse di un mese, per consentire intanto di portare ancora più avanti la campagna vaccinale.
Il piano anti-pandemia è il piatto forte della seconda giornata di summit insieme all’approvazione di un piano di investimenti globali in infrastrutture che sfida apertamente la Cina e la sua ‘Nuova via della seta’. ‘Build Back Better World’, questo il nome del piano europeo, intende spendere miliardi di dollari per sostenere Paesi in difficoltà; una risposta alla ‘Belt and Road Initiative’ cinese che ha lanciato una serie di progetti, soprattutto in Asia e Africa, che secondo i critici incastrano i Paesi più poveri in debiti che non possono ripagare.
Joe Biden, accolto come colui che ha riportato gli Usa a essere partner dell’Europa dopo il periodo di Donald Trump, punta a convincere gli alleati a una presa di posizione dura contro Pechino nel comunicato di fine summit di domenica, in cui vorrebbe anche una denuncia dei lavori forzati che prendono di mira gli uiguri musulmani e altre minoranze etniche. Ma – stando a fonti dell’amministrazione Biden – sulla Cina sono emersi approcci diversi: Canada, Regno Unito e Francia perlopiù appoggiano la posizione di Biden, mentre Germania, Italia e Unione europea hanno mostrato maggiore esitazione durante la prima sessione di lavori di oggi al summit.
A dire il vero, però, a tenere banco al G7 è anche un tema fuori menù: la Brexit. Fuori dall’agenda del vertice ma al centro dei bilaterali fra il ‘padrone di casa’ Johnson e i leader Ue sono emerse infatti le tensioni relative all’Irlanda del Nord per i controlli al confine, disputa ribattezzata ‘guerra delle salsicce’. L’Irlanda del Nord è l’unica parte del Regno Unito che ha un confine terrestre con l’Ue: Bruxelles è adirata per il ritardo del Regno Unito nell’applicare i nuovi controlli su alcuni beni che arrivano in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, mentre Londra sostiene che i controlli impongano un grande peso alle imprese e rischino di destabilizzare la pace in Irlanda del Nord.
“L’accordo del Venerdì santo e la pace sull’isola di Irlanda sono di primaria importanza. Abbiamo negoziato un Protocollo che preserva questo, firmato e ratificato da Regno Unito e Unione europea” ed “entrambe le parti devono applicare ciò su cui ci siamo accordati”, hanno tuonato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel dopo l’incontro con Johnson. La replica non si è fatta attendere: Johnson “ha chiarito il suo desiderio di pragmatismo e di compromesso da tutte le parti”, ha fatto sapere Downing Street.
L’Ue minaccia azioni legali se il Regno Unito non introdurrà in modo completo i controlli, che includono a partire dal mese prossimo il divieto di ingresso in Irlanda del Nord di alcuni tipi di carne come le salsicce provenienti da Inghilterra, Scozia e Galles. Il Regno Unito invece dal canto suo accusa il blocco di avere un approccio ‘purista’ alle regole e lo invitano a essere più flessibile.
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