In libreria "Roma Nera": con l'autore, Massimo Onza, andiamo alla scoperta del fenomeno Neonoir nella Capitale

Un rinnovamento stilistico e concettuale di un genere, ma anche un percorso indipendente e controculturale di resistenza. É la storia del movimento Neonoir Romano, raccontato, ma soprattutto sviscerato, da Massimo Onza in “Roma Nera“, saggio uscito per i tipi di WriteUp. Lo studioso di letteratura ed esperto di comunicazione ci porta, partendo dalla nascita della corrente nei primi anni ’90, all’interno di un movimento-non movimento che ha fatto una bandiera dell’assenza di un vero e proprio manifesto programmatico. Forse proprio per questo, è stato capace di utilizzare i cardini di transrealismo, estremizzazione creativa, multimedialità e ibridazioni dei generi, per rinnovare la scrittura nera e la sua fruizione

Nelle dense pagine del saggio, oltre 200, vengono approfondite le dinamiche estetiche, concettuali e politiche del Neonoir, spiegandone dettagliatamente la dinamica comunicativa e, infie, la sua reale portata innovativa. LaPresse ha contatto l’autore per cercare di approfondire alcuni aspetti del movimento, nato con la benedizione di un vate del cinema horror come Dario Argento e poi morto dopo una vita ultradecennale.

Quando e in che contesto nasce il fenomeno Neonoir? Quali sono le istanze che vuol portare avanti e le esigenze che lo muovono?

Il movimento Neonoir romano nasce nel 1993 a Roma con la benedizione di Dario Argento. Si tratta di un composito gruppo di intellettuali, scrittori, sceneggiatori, giornalisti, critici e registi che decide di riunirsi periodicamente per discutere di argomenti legati alla scrittura e all’immaginario nero. L’obiettivo è quello di riattualizzare il genere per farlo tornare a essere nuovamente un argomento di rottura (come fu il Noir storico degli anni Trenta ndi), distante dalle concezioni rassicuranti nella maggior parte delle scritture degli anni Novanta.

Si tratta di un movimento che trae spunto/origine da un regista, noto e affermato come Dario Argento, tuttavia non si orienta solo sullo sviluppo “cinematografico” delle sue produzioni, ma abbraccio uno spettro più ampio di produzioni…

Sì, il cenacolo romano muove prevalentemente dalla letteratura ma si sostanzia come movimento multimediale, dalla pubblicazione di antologie a rappresentazioni teatrali, passando per un particolare utilizzo del Web e fino a trasmissioni radiofoniche, e ovviamente a pellicole sviluppati dai suoi concetti o racconti. La multimedialità è una caratterista peculiare che gli permette di sviluppare una strategia comunicativa molto complessa ed efficace, ma anche una prerogativa che lo differenzia dalle altre scuole nere attive in quel momento in Italia, o ancora da altri movimenti d’oltreoceano come lo Splatterpunk, ad esempio.

Il fatto di essere legato, quantomeno come nume tutelare a un personaggio noto e affermato come Argento, come collima con il suo carattere anti-commerciale?

Dario Argento fornisce due elementi molto importanti al gruppo. Primo, il nome: il termine neonoir è stato utilizzato nel 1991 dalla studiosa Maitland McDonagh per definire la poetica argentiana e fu adottato dal movimento, oltre che per l’affinità con la filmografia del regista, anche per la sua efficacia nel marcare la distanza dal genere nero tradizionale. E poi un’altra caratteristica fondamentale del Neonoir è quella di raccontare attraverso il punto di vista di Caino, ovvero attraverso lo sguardo del carnefice: quello di assassini seriali, alienati, psicopatici e personalità borderline. Elementi utilizzati in un contesto di indipendenza per avere la massima libertà creativa, visto che una produzione così estrema difficilmente sarebbe stata digeribile per un ambito mainstream.

La coeva produzione pulp/cannibale interseca il fenomeno neonoir? Quali solo affinità e differenze?

Dopo qualche anno dalla nascita del Neonoir in Italia viene pubblicata anche l’antologia ‘Gioventù Cannibale’, manifesto di scrittori pulp di matrice tarantiniana, nata sotto l’impulso del successo al botteghino di Pulp Fiction. Entrambe le declinazioni trattano argomenti violenti, ma si differenziano soprattutto per un particolare fondamentale: mentre la violenza dei “giovani pulp” si risolve in un racconto paradossale del presente e quindi in un gesto consolatorio, quella del movimento romano invece cerca una letteratura dura e che apra gli occhi sulla realtà. Il neonoir entra nel vivo delle contraddizioni del presente per portarle a galla in tutta la loro brutalità, non si risolve in un puro gesto distensivo, ma al contrario cerca di aprire squarci inquietanti nella percezione del quotidiano per prenderne coscienza senza alcuna intenzione rassicurante.

Il neonoir romano si definisce anche per una stretta territorialità: perché Roma? Qualcosa usciva anche fuori dai confini della Capitale? Perché un movimento localistico e non nazionale?

Il Neonoir in realtà si sostanzia come movimento-non movimento che non pone al suo interno alcuna prescrizione geografica e nelle antologie si avvale di molti ospiti esterni, anche provenienti da diverse città. Roma, però, resta il centro dello zoccolo duro degli autori che lo hanno creato e animato incessantemente. Questo è dovuto al fatto che si tratta di una metropoli contemporanea colma di contraddizioni, sociali e politiche, di casi irrisolti, criminalità quotidiana, giochi di potere e non meno di vicende efferatissime (una su tutte, quella del Canaro ndi). Una città con una storia complessa e luoghi affascinanti carichi di suggestione. Elementi capaci di fornire continua ispirazione nella logica del Neonoir.

Perché muore il Neonoir?

La cosa avviene in modo molto naturale. Un lungo percorso più che decennale fatto di tantissime iniziative che si è concluso a causa della progressiva dispersione dei suoi membri. Eppure non credo si possa dire “morto”, visto che gli autori che ne hanno fatto parte hanno continuato e continuano con la loro singola opera a raccontare di determinati argomenti, ognuno con il suo taglio stilistico-concettuale. C’è da dire anche che molte delle istanze del Neonoir sono ancora validissime nell’ottica di un’efficace critica del presente. Visti i tempi di estrema semplificazione e mistificazione c’è da sperare che prima o poi rinasca qualcosa ugualmente efficace.

Quali sono stati, in termini di influenza culturale anche mainstream, gli apporti di un “cenacolo” tendenzialmente anti-commerciale?

Non so se si possa dire che abbiamo avuto un’influenza in termini mainstream, ma vero è che il Neonoir, con il suo sguardo estremo, ha rinnovato la critica del presente esprimendo in modo pionieristico alcune metodologie comunicative e politiche, oltre che creative tout court. Ha anticipato molti degli argomenti che poi sono entrati, pur se in modo più digeribile per un pubblico largo, nell’immaginario collettivo con i media di massa. Il suo corpus resta tuttavia un serbatoio di pratiche da studiare per trovare nuova ispirazione e costruire qualcosa di indipendente e senza compromessi.

La tua esperienza come musicista e produttore nato e cresciuto nel giro punk/hardcore ha qualche assonanza con il mondo che hai sviscerato? Quali i legami tra l’hc e il NeoNoir?

Assolutamente sì. Ho cominciato a seguire il Neonoir quando avevo circa 16/17 anni e per quanto mi riguarda è stata un’ispirazione fondamentale, e che in più si univa a molte delle prerogative del punk hardcore. In comune hanno una grande volontà demistificatoria e un modo crudo di guardare la realtà, entrambi sono una forte spinta a dire la propria per intervenire sullo stato delle cose. C’è da aggiungere che si tratta di due contesti criticano aspramente il presente per costruire una socialità più sana, inclusiva e rispettosa di tutti.

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