La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo inammissibile e infondato, della Procura generale meneghina

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo inammissibile e infondato, della Procura generale di Milano sulla morte della stilista di 37 anni Carlotta Benusiglio, che venne trovata impiccata con una sciarpa ad un albero nel parco di piazza Napoli a Milano, all’alba del 31 maggio del 2016.

Il suo corpo era in una posizione particolare: la sciarpa della donna era legata ad un ramo alto oltre 2 metri e mezzo e avvolta intorno al suo collo, ma i piedi toccavano terra.

Le indagini inizialmente si erano orientate verso il suicidio, ma la famiglia di Carlotta non si era mai rassegnata a questa ricostruzione. E da 8 anni chiedeva che venissero riconosciute le responsabilità dell’ex fidanzato, con cui la 37enne aveva un rapporto molto burrascoso. Anche la sera della sua morte, i vicini l’avevano sentita urlare con Venturi, prima che i due uscissero in giro per locali. E poi l’epilogo.

Il pm Francesca Crupi aveva chiesto di condannare Venturi a 30 anni per omicidio, lesioni e stalking. La gup Raffaella Mascarino, invece, aveva riqualificato le accuse. Tenendo conto dei tanti episodi di cui Carlotta era stata vittima nel corso della sua relazione, aveva ritenuto di condannare Venturi per “morte come conseguenza di altro reato”. Il 45enne, con le sue aggressioni nei confronti della ex, non ne avrebbe determinato direttamente la morte, anche se i suoi comportamenti aggressivi l’avrebbero causata. 

La condanna a carico di Marco Venturi era arrivata la termine di una complessa vicenda giudiziaria, durata 6 anni. Inizialmente il pm titolare del caso aveva presentato una richiesta di archiviazione, poi il fascicolo era passato ad un altro pm che aveva ripreso in mano le indagini e aveva presentato una richiesta di arresto per Venturi, che gip, Riesame e Cassazione, tuttavia, avevano respinto.

L’anno scorso, la Corte d’Assise d’Appello di Milano aveva già assolto l’ex fidanzato Marco Venturi dall’accusa di omicidio e dall’accusa per morte in conseguenza di altro reato, per cui era stato condannato a 6 anni, con la formula piena perché il fatto non sussiste. È stata così scritta quindi la parola fine ad una vicenda iniziata all’alba del 31 maggio del 2016.

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