A Roma l'udienza del processo d’Appello

Ipotesi scientifiche, che bisticciano tra loro ma che portano a due conclusioni certe. Serena Mollicone non fu uccisa nel bosco dove venne ritrovato il corpo e, sulla porta considerata l’arma del delitto, non sono state trovate le tracce del suo Dna e nemmeno quelle degli imputati. Ma nonostante ciò tutto porterebbe comunque nell’alloggio di servizio, dell’allora comandante della stazione di Arce, Franco Mottola, dove abitava con il figlio Marco e la moglie.

La studentessa di 18 anni, il cui cadavere venne ritrovato, con un sacchetto della spesa chiuso sulla testa dal nastro adesivo, nel territorio di Fontana Liri il 3 giugno del 2001 sarebbe stata assassinata altrove. I tre carabinieri del reparto investigazioni scientifiche, escludono che Serena sia stata uccisa nel boschetto. Secondo gli esperti del Ris, la ragazza sarebbe stata uccisa nell’appartamento della caserma dei carabinieri di Arce anche se non sono stati trovati elementi biologici che le appartenevano. Le tracce di legno e di resina trovate sulla testa della Mollicone, infatti, non erano state contaminate dall’ambiente esterno dove è stato trovato il cadavere, perché la busta che aveva sulla testa la sigillava. Tutte le 139 tracce generiche, di cui 111 di pelle e bigattini, 23 di legno, 3 di legno e colla e 2 di resina, sono ‘genuine’ ed escluderebbero la contaminazione da materiale ligneo boschivo. Ma ci sarebbero altri indizi che farebbero pensare che il luogo dell’omicidio sia stato proprio quell’abitazione. Il luogotenente Rosario Casamassima dei carabinieri del Ris, consulente dell’accusa, durante l’udienza del processo d’Appello che si è tenuta questa mattina a Roma ha spiegato: “Un campione prelevato sullo sportello della caldaia installata sul balcone di un alloggio della caserma aveva la stessa composizione del frammento sul nastro adesivo che avvolgeva il capo di Serena Mollicone e presentava anche le stesse tracce rosse di ruggine”.

Il maggiore del Ris di Roma, biologo genetista Cesare Rapone, ha spiegato ai magistrati dell’Appello ed ai giudici popolari, le conclusioni rispetto alle analisi genetiche sulle tracce repertate nella caserma: “Se l’arma del delitto, un corpo contundente, produce una lesione dovrebbe recare tracce ematiche o profili genetici. La traccia genetica repertata sulla porta non appartiene né a Serena e nemmeno agli imputati”. Il criminologo Carmelo Lavorino, consulente tecnico e portavoce del collegio difensivo della famiglia Mottola ha spiegato: “Siamo rimasti molto delusi dall’audizione dei tre componenti perché sono venuti a ripetere in Appello quello che già avevano detto in primo grado, dove già evidenziammo gravissime lacune. Nella prossima udienza, quella del 21, verrò ascoltato insieme ai nostri consulenti e confuteremo quello che oggi è stato esposto dai consulenti della procura Generale”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata