Due funzionari del programma alimentare mondiale dell'Onu, Rocco Leone e Mansour Rwagaza, sono accusati di omicidio colposo per non aver garantito la sicurezza dell'ambasciatore morto in Congo insieme al carabiniere Iacovacci
Rischia di essere un processo ‘a metà’ quello che si è aperto con la prima udienza davanti al gup di Roma, per le morti dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo nel 2021. Gli imputati sono due funzionari del Programma alimentare mondiale dell’Onu, Rocco Leone e Mansour Rwagaza, che rispondono di omicidio colposo per non aver garantito la sicurezza dei due italiani. Gli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni Silveri, difensori di fiducia del congolese Rwagaza, hanno sollevato l’eccezione che rischia di bloccare il procedimento ed è legata all’irreperibilità del loro assistito. Sul punto, l’Italia non ha effettuato rogatorie per le notifiche in Congo perché non ci sono accordi internazionali in merito tra i due paesi. Da parte sua, il Programma delle nazioni Unite non riconosce la giurisdizione italiana nei confronti dei suoi dipendenti, che sarebbero coperti da immunità. Non a caso, quando nell’autunno 2021 la procura di Roma ha notificato l’atto di chiusura indagine, il Pam si è fatto riconsegnare il 415 dai due indagati e, tramite Farnesina, lo ha rinviato al mittente. Sul nodo, il pm Sergio Colaiocco ha chiesto al gup di emettere un decreto di irreperibilità che consentirebbe di stralciare la posizione di Rwagaza e portare avanti il processo, anche se con uno solo dei due imputati. Il gup scioglierà la riserva il 1 giugno, data in cui è stata aggiornata l’udienza. Oggi in aula non era presente l’avvocatura dello Stato e tutto lascia pensare che non ci sia intenzione, da parte del Governo e del ministero della Difesa a cui fa riferimento l’Arma, di costituirsi parte civile nel procedimento.
Attanasio e Iacovacci furono uccisi nel corso di un tentativo di sequestro il 22 febbraio del 2021, durante una missione vicino a Goma, in Congo.Secondo la procura, i due imputati avrebbero “omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam”. L’auto a bordo della quale viaggiavano “percorreva la strada Rn2 sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare“. Il convoglio venne bloccato dai sequestratori e Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci morirono in uno scontro a fuoco. Attanasio fu ferito all’addome, Iacovacci a un fianco e al collo.
Secondo la procura di Roma, i due funzionari del programma alimentare mondiale “avrebbero attestato il falso al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, quelli di due dipendenti Pam così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima”. La presenza del diplomatico e del carabiniere avrebbe obbligato l’organizzazione a fornire una scorta armata al convoglio, che invece non fu assegnata.
Famiglia: “Governo si costituisca parte civile per etica e dignità”
“Noi speriamo il governo si costituisca parte civile nel processo per una questione non certamente risarcitoria, ma di etica e dignità. Perché non dimentichiamo che sono caduti in servizio due servitori dello Stato“. Lo ha detto il padre di Luca Attanasio, Salvatore, al termine dell’udienza.”La speranza è l’ultima a morire”, ha aggiunto.
“Siamo fiduciosi che il processo vada avanti e vengano accertate le responsabilità – hanno detto Giovanna Passiatore e Loriana Porsi, legali della famiglia Iacovacci – Speriamo che alla prossima udienza sia presente anche l’avvocatura dello Stato”. In aula, a piazzale Clodio, non era presente l’avvocatura dello Stato e tutto lascia pensare che non ci sia intenzione, da parte del Governo e del ministero della Difesa a cui fa riferimento l’Arma, di costituirsi parte civile nel procedimento.
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