Le parole del parroco alla messa, i famigliari: "Auspichiamo rapido processo"

Una richiesta di giustizia sempre più forte e dolorosa quella che arriva a due anni dalla strage della funivia del Mottarone del 23 maggio 2021, nella quale persero la vita 14 persone. “Ci sono chiare e gravissime responsabilità umane – tuona il parroco don Gianluca Villa dalla chiesetta della Madonna della Neve, alla messa per ricordare le vittime – ci sono persone dalla coscienza intorpidita che nella logica disumana e irresponsabile del ‘tanto non capita nulla’ hanno provocato la morte di 14 innocenti”. E la richiesta, a soli tre giorni di distanza dalla chiusura delle indagini da parte della procura di Verbania, arriva anche dai parenti. “È stato come tornare indietro a quel maledetto giorno. Oggi attendiamo che giustizia venga fatta”, ha detto a LaPresse Luca Nania, zio di Alessandro Merlo, una delle vittime. “L’avviso di chiusura indagini parla di una situazione gravissima – gli fa eco Emanuele Zanalda, il legale dei nonni paterni dell’unico sopravvissuto, Eitan, e di tutta la famiglia Biran – Non ci sono altre parole. La famiglia chiede giustizia e noi speriamo in una risoluzione rapida”. “Adesso ci sarà la giustizia che farà il suo corso, qualcuno per forza dovrà essere colpevole”, dice un soccorritore.

Insomma, l’elenco degli indagati, sei più due società, non basta. Né alle famiglie, né al territorio: tutti chiedono un rapido processo. “Auspichiamo che il processo possa garantire quanto prima una giustizia umana come minima e doverosa restituzione di speranza e di fiducia”, dice ancora il parroco nella sua omelia, accostando la vicenda anche alle ultime notizie sul crollo del Ponte Morandi. Perché la tragedia del Mottarone “non è un castigo divino, non è frutto di un imprevedibile fato, di un crudele destino” ma ha delle responsabilità, che la procura sta cercando di chiarire. I tempi, come ha sempre ribadito la procura stessa, sono però quelli “necessari” a una situazione così delicata. Migliaia e migliaia di pagine sono contenute infatti nel faldone che racchiude due anni di inchiesta.

La chiesetta in vetta è piccola ma gremita, sotto un caldo sole primaverile che nulla ha che fare con il tempo, nebbioso e gelido, del primo anniversario. Non ci stanno tutti all’interno, coloro che sono accorsi per la commemorazione: oltre ai parenti, sono decine anche i soccorritori che quel giorno di due anni fa sono arrivati, tra i primi, sulla vetta. Hanno trovato i resti della cabina n.3, rotolata per decine di metri, e i corpi senza vita delle vittime. “Quel giorno lo ricordo chiaramente: ci fu la chiamata di soccorso e si capì in poco tempo che non era solo un blocco della funivia, ma che c’erano dei morti – ricorda Matteo Gasparini, responsabile locale del soccorso alpino – Io sono stato a Rigopiano, alla Marmolada. Ma quando lavori su una tragedia in casa hai tantissime volte il ricordo che ritorna alla mente”. “Sono arrivato mezz’ora dopo sul posto, ho visto il dramma, i corpi a terra. È un’emozione che ogni tanto si rivive” e che “capita di sognare di notte”, dice il vicepresidente della provincia del Vco, Rino Porini. Qualcuno ancora respirava: era Mattia Zorloni, l’altro bimbo che inizialmente sembrava essersi salvato per poi morire in un secondo momento. Durante la lettura dei nomi delle 14 vittime, i singhiozzi risuonano nella piccola navata della chiesa. “E’ stato il nostro 11 settembre – ribadisce la sindaca di Stresa Marcella Severino – Ogni volta è come rivedere quel film. Non dimenticheremo”.

Il momento più emozionante è l’incontro, fuori dalla chiesa, tra Dan e Miriam Biran, nonni dell’unico sopravvissuto, Eitan, e la sindaca di Stresa e poi la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi. “È difficile per noi oggi ma è simbolico, vedere tutte queste persone vicine a noi è importante”, dice la nonna, in inglese, con la voce rotta dalla commozione, alla prima cittadina. Eitan al momento vive con la zia Aya, che non ha partecipato alla commemorazione, a Pavia.Non ci sono alte cariche istituzionali, per la Regione Piemonte non c’è il governatore Alberto Cirio ma c’è l’assessore Matteo Marnati. Le famiglie oltre a chiedere giustizia, però, chiedono anche i risarcimenti: se Reale Mutua, come assicurazione di Ferrovie del Mottarone srl, ha messo a disposizione il massimale per i familiari, i legali della famiglia paterna di Eitan chiedono a gran voce un segnale da Leitner: “Non abbiamo avuto nemmeno un tentativo di approccio o di acconto” dichiara ancora l’avvocato Zanalda, dicendosi anche “amareggiato” per le dichiarazioni di Leitner dopo la chiusura delle indagini. 

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