ES17 fu il protagonista della drammatica stagione della paranza dei bambini

 Scacco al clan Sibillo. Ventuno i provvedimenti cautelari emessi dal gip del tribunale partenopeo su richiesta della Dda ed eseguiti alle prime luci dell’alba dai carabinieri del comando provinciale di Napoli. Il clan, operante nel centro antico della città, noto come la ‘paranza dei bambini’, retto tra il 2013 e il 2015 dai fratelli Pasquale ed Emanuele Sibillo, non agiva autonomamente, ma svolgeva ruolo di guardaspalle del clan Contini. Le 21 persone arrestate, gravemente indiziate dei delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco con le aggravanti delle finalità mafiose, sono infatti considerate a vario titolo partecipi dell’articolazione satellitare dei Contini. Le indagini hanno documentato un’escalation di eventi e richieste estorsive ed esplosioni di ordigni e colpi d’arma da fuoco a fini intimidatori, che hanno segnato la quotidianità del centro storico, nell’ambito dei contrasti sorti con l’organizzazione camorristica rivale dei Mazzarella.

Protagonisti della Paranza dei Bambini

 Negli anni scorsi, nella ‘paranza dei bambini’, i Sibillo non facevano altro che condurre uno scontro a bassa intensità tra l’Alleanza di Secondigliano e il cartello dei Mazzarella, per il rafforzamento delle rispettive presenze nelle zone di confine in particolare Forcella. I Mazzarella utilizzavano il gruppo Buonerba e l’Alleanza di Secondigliano utilizzava questi giovani violenti, “in condizioni di assoluta subordinazione”. Aspetti inquietanti sono legati invece all’altarino presente all’interno del palazzo, in vico Santi Filippo e Giacomo dedicato alla memoria di Emanuele Sibillo, dove vivono i parenti del baby boss. Questa mattina, oltre agli arresti, le forze dell’ordine, insieme ai vigili del fuoco, hanno rimosso una struttura abusiva (con la scritta ‘ES17’) contenente le ceneri del capo della ‘paranza dei bambini’. All’arrivo dei vigili del fuoco alcuni parenti hanno cominciato a gridare: “Andate tutti fuori, è morto basta”. L’altarino, però, non era un luogo di commemorazione familiare, ma veniva utilizzato dal clan anche nell’esercizio di attività delittuose. Dalle indagini è emerso che alcuni commercianti, sotto estorsione, venivano trascinanti davanti all’altare, costretti a inginocchiarsi e a riconoscere la supremazia di quell’altarino, dunque della famiglia Sibillo. Commercianti costretti a pagare il pizzo con cadenza settimanale e con quote importanti, anche 500 euro a Pasqua. “Ciò che deve spaventare la gente – ha sottolineato il generale di brigata Canio Giuseppe La Gala, comandante provinciale dei carabinieri di Napoli – non è il rumore dei fatti, ma il silenzio degli onesti”. Una lotta legata anche “ai simboli del potere camorristico in questa città e che esiste” sottolinea il comandante provinciale dell’Arma. Di fronte al palazzo dove era presente l’altarino si trova infatti una scuola media, la Confalonieri: “Stamattina – ha spiegato ancora il generale La Gala – tutti quei bambini che andavano a scuola hanno visto finalmente che lo Stato si è riappropriato di un qualcosa, ha tolto quello che è il simbolo della Camorra e ha cercato di dimostrare che lo Stato c’è”

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