Le motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno condannato all'ergastolo il muratore di Mapello

Per i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Brescia, nonostante sia valida la prova del dna che identifica Massimo Giuseppe Bossetti come l'omicida di Yara Gambirasio, non è possibile eseguire la super perizia chiesta a gran voce dalla difesa e dallo stesso imputato perché il materiale genetico trovato sugli indumenti della ragazzina è esaurito. È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza con la quale il collegio presieduto da Enrico Fischetti il 17 luglio scorso ha condannato all'ergastolo il muratore di Mapello per la morte della 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra (Bergamo) e trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola. Per i giudici, infatti, i rilievi degli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, a proposito di una violazione "dei principi del contraddittorio e delle ragioni difensive" riguardo alla prova del dna sono "del tutto infondati". Non solo. La Corte d'Assise e d'Appello di Brescia spiega che in ogni caso non sarebbe possibile effettuare un'ulteriore analisi per comparare le tracce trovate su slip e leggings della ragazzina e il Dna di Bossetti perché il campione, utilizzato per fare diversi test, è terminato.

"Quello che è certo, in ogni caso, è che non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazione (due tecnici di analisi, ndr) – si legge in un passaggio delle motivazioni -; si deve quindi ribadire ancora una volta e con chiarezza che una eventuale perizia, invocata a gran voce dalla difesa e dallo stesso imputato, non consentirebbe nuove amplificazioni e tipizzazioni, ma sarebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull'operato dei Ris (e, quindi la famosa perizia generica sarebbe necessariamente limitata a una mera verifica documentale circa la correttezza del l'operato del Ris e dei consulenti dell'accusa, pubblica e privata)".

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