Le cosiddette erbacce infestanti sono presenze indesiderate nei prati dei giardini privati. Per avere un prato invidiabile, serve assolutamente contenere ed eliminare lo sviluppo di piante infestanti nemiche del prato perfetto “all’inglese”. Perlomeno, questo è il pensiero comune di molti. Ecco, ogni volta che ascolto questi pensieri, io barcollo. Non che io sia un integralista dell’effetto sauvage in tutto e per tutto, ma sul concetto di perfezione ho idee diverse. Mi spiego meglio.

Percorrendo il prato curato del giardino, vedo fili d’erba ordinati e pettinati all’insù, stessa altezza, stessa piega, stessa inclinazione, stessa densità su tutta l’area. Non una sbavatura, un piccolo difetto, non una virgola fuori posto. Poi, mi metto in punta di piedi e guardo al di là del muro di cinta, e vedo un prato spontaneo bellissimo, folto e variegato, con fiori di forme e colori diversi e con le farfalle che sembrano danzare, e vengo inondato da una sensazione di allegria. Ritorno a guardare il prato ben tenuto all’interno del muro e vedo, invece, un prato triste, annoiato e abbandonato dalla gran parte degli amici insetti, che sono, peraltro, molto utili anche al prato.

Allora ritorno a guardare il prato libero oltre il muro, e lo osservo con attenzione. Quanta bellezza in quel potpourri di malerbe infestanti felici e libere di essere così bellamente imperfette. Tarassaco coi fiori gialli come il sole, ranuncoli e papaveri selvatici in ordine sparso, gruppi di Setaria glauca pettinati dal vento che, muovendosi all’unisono, paiono onde di risacca pronte ad infrangersi su di un tappeto di trifoglio felicemente colorato dai suoi fiori a pon pon violetto. Tutt’intorno, una vitalità effervescente e ronzante di insetti indaffarati a nutrirsi di nettare e a fare festa. Mi sembra di essere in un mondo incantato e mi chiedo dove stia, davvero, la perfezione. Da una parte, un prato verde, perfetto e ordinato, dall’altra, un prato vitale e gioiosamente rumoroso, ricco di colori e allegria grazie proprio a quelle malerbe altrove tanto combattute. Qual è, quindi, il prato perfetto? Cos’è allora la perfezione? Forse perfetti lo sono entrambi, anche se, il mio personale concetto di perfezione, lo ritrovo nell’armonica combinazione di piccole imperfezioni, e non posso che essere attratto da quel prato, così felicemente rumoroso, al di là del muro.

La natura, in fondo, ci mostra ogni giorno il significato di perfezione, ci mostra un equilibrio talmente perfetto da non riuscire nemmeno ad essere compreso. Infatti, noi umani, che siamo molto sapiens, non lo comprendiamo, e facciamo di tutto per distruggerlo.

Proviamo, per una volta, a guardare un prato spontaneo con altri occhi e scopriremo, forse, una nuova visione di perfezione nell’imperfezione. Pensiamo anche solo al comunissimo Trifoglio. È un’erbacea che produce fiori campioni mondiali di simpatia, ha tre foglie a forma di cuore e, uno su diecimila, ne produce quattro: l’ambitissimo quadrifoglio, simbolo planetario di fortuna. L’ennesimo coup de théâtre che solo una natura così tanto imperfetta è in grado di regalarci.

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