La coltivazione della Pachira in casa richiede una certa esperienza e cura: non è tra le più facili ma nemmeno tra le più difficili

Lo si può notare già da qualche anno, ma in particolar modo dall’avvento della pandemia. Il concetto di bellezza sta cambiando e abbandona la spasmodica ricerca di una perfezione caratterizzata dall’ordine di linee, forme e colori, in favore di una perfezione più naturale, più imperfetta. Meno perfezione artificiale, più imperfezione naturale, è questo, in sostanza, il succo. Questo cambiamento lo si può avvertire in diversi campi e forme artistiche. D’altronde, c’è un grande bisogno di ricontattare sé stessi attraverso la natura, e si sente la necessità di contornarsi di tanta meravigliosa imperfezione per riuscirne ad assaporare la bellezza profonda. A questo proposito, una pianta, in particolare, è un chiaro esempio di bellezza imperfetta: la Pachira Acquatica.

La bellezza dell’imperfezione, la Pachira, la conquista, però, solo nel momento in cui si libera della manipolazione umana che, nell’intento di ottenere una bellezza a suo vedere “più interessante”, la costringe ad assumere improbabili ed innaturali intrecci con il tronco. Ecco, da quel momento in avanti, la Pachira ritrova sé stessa e la sua vera natura e, sentendosi libera di sviluppare i propri rami come meglio crede, raggiunge la sua grande bellezza, molto imperfetta, e per questo molto più interessante. Di questa pianta c’è molto da dire, perciò mettetevi comodi che il viaggio di oggi sarà leggermente più lungo del solito.

La Pachira è una pianta tropicale originaria delle foreste pluviali dell’America centrale e del Brasile. È una pianta sempreverde (cioè che non si defoglia durante la stagione invernale), e può raggiungere perfino la mirabile altezza di 20 metri nel suo habitat naturale. In Italia può essere coltivata negli ambienti interni per proteggerla dalle basse temperature invernali, mentre nel periodo estivo può essere tranquillamente esposta all’esterno, a patto di ripararla dal sole diretto. Ma la caratteristica peculiare che la rende immediatamente riconoscibile è il curioso intreccio dei suoi rami alla base. Opera dell’uomo, effettuata durante le prime fasi di coltivazione, quando i giovani tronchi sono ancora teneri e facilmente manipolabili, questa treccia lignea, crescendo, si fonde insieme diventando un sostegno originale della chioma vegetale, anch’essa curata e perfettamente rotonda. Almeno, questo è quanto si può vedere appena acquistata. Poi qualcosa cambierà, ma proseguiamo con ordine.

Appartenente alla famiglia delle Bombacaceae, la stessa di cui fa parte anche il maestoso Baobab, la Pachira produce sia fiori che frutti (esatto, proprio così!), ma solo nelle sue zone di origine, dove le condizioni climatiche sono ottimali. Le infiorescenze, solitamente di colore bianco, rosso o crema, si trasformano in semi commestibili e ottimi sia arrostiti che fritti. Per questo motivo, la Pachira, viene anche chiamata pianta delle castagne. Ma non sono solo i semi ad essere commestibili, anche le foglie, quelle giovani, lo sono, e vengono consumate come verdura cotta. Davvero una preziosa risorsa alimentare per le popolazioni indigene. In Oriente, invece, la Pachira è simbolo di buon auspicio ed è nota come “pianta porta soldi”, per via della credenza popolare che dice che le sue foglie, a cinque punte, attrarrebbero successo, fortuna, e denaro, conservati poi nel particolare tronco intrecciato a favore di chi la possiede.

La coltivazione della Pachira in casa richiede una certa esperienza e cura, poiché non è tra le più facili, ma non è nemmeno tra quelle impossibili. Una volta a casa, posizionatela lontano dai termosifoni e possibilmente vicina alla finestra in modo che possa ricevere luce naturale, ma senza i raggi solari diretti. Fate attenzione agli spifferi d’aria fredda, che non tollera. Non dimenticatevi che si tratta di una pianta delle paludi e come tale il terreno non dovrebbe essere mai asciutto; ma i nostri appartamenti non hanno il clima e l’umidità delle paludi brasiliane, quindi, sarà buona cosa dosare bene le irrigazioni e le vaporizzazioni fogliari, che dovranno essere abbondanti in estate, mentre l’annaffiatura nel periodo invernale dovrà essere ridotta e si dovranno fare delle nebulizzazioni fogliari mattutine per compensare l’eccessiva secchezza dell’aria data dai termosifoni accesi. Un problema importante può essere rappresentato dalla clorosi ferrica che può portare all’ingiallimento delle foglie a causa del tipo di acqua che si utilizzata per le irrigazioni. L’ideale sarebbe utilizzare acqua piovana, senza calcare, o acqua distillata, ma è compito molto arduo. Più semplice intervenire con dei correttori d’acqua e chelato di ferro, utili a combattere la clorosi e a riportare le foglie belle verdi.

Dopo questi consigli tecnici di coltivazione, vorrei tornare a dove vi avevo lasciato poco fa, ai magheggi umani di intrecci e forme per un’idea di estetica di perfezione. Una volta accolta in casa, la vostra Pachira, con molta probabilità si mostrerà con il tronco intrecciato e una chioma fitta e tonda, similmente perfetta. Durerà poco. Tempo qualche settimana e si ribellerà mostrando tutta la sua forza, e vedrete la vostra Pachira crescere modificando senza compromessi la forma iniziale. La pianta allungherà i suoi rami e produrrà nuove foglie più distanziate tra loro con un aspetto più naturale e perdendo quel sapore di artificiale che il mercato le ha imposto. Sarà allora più felice e libera e i suoi rami riempiranno gli spazi verticali disegnando nuove grafiche, tracce indelebili della bellezza imperfetta della natura. Delle sue origini, infine, manterrà solo un ricordo nella prima parte di tronco. quello intrecciato dall’uomo, ma volendo essere scaramantici, sapremo che è di buon auspicio, e allora andrà bene così.

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