L'artista riparte con il tour "Napoletano? E famme 'na pizza"

 Ridere per “ristabilire un contatto tra esseri umani in un periodo difficile, di distacco”. E farlo anche “dietro le mascherine”, perché la “la risata è forse il modo più bello di manifestarsi da parte di Dio”. Ne è convinto Vincenzo Salemme, che a gennaio ripartirà con il tour teatrale di Napoletano? E famme ‘na pizza, lo spettacolo che “parla dei cliché e dei luoghi comuni sulla cultura napoletana, che sono tantissimi”, racconta lo stesso attore, commediografo, sceneggiatore, regista teatrale e cinematografico in un incontro con la stampa.

 Dopo il debutto ‘sold out’ di novembre ad Orvieto e una serie di tappe al sud, dal 4 al 16 gennaio lo spettacolo andrà in scena in quella che Salemme definisce “la mia casa milanese”. Ovvero, il teatro Manzoni dove andò in scena oltre quarant’anni fa, nel 1980, con Eduardo De Filippo. La sua ultima opera fonde le due precedenti, ‘Una festa esagerata’ e ‘Con tutto il cuore’. “I protagonisti delle due commedie abitano sulla stessa terrazza napoletana, per cui si incrociano i personaggi. Il filo conduttore è la napoletanità, dal caffè alla pizza. Ci si interroga sulla napoletanità e su quanto tutte queste tradizioni e questa cultura così prepotente a volte possano diventare una prigione”.

 Una prigione dalla quale Salemme ha cercato di evadere fin dall’inizio del suo percorso artistico: “Un filosofo mille anni fa diceva che noi siamo nani che camminano sulle spalle di giganti. Per me questi giganti sono Totò, Eduardo, Peppino, Troisi…Ma il cinema negli anni ’60 era un linguaggio universale e sono cresciuto con una cinematografia che non era solo Totò. Io sono italiano e europeo. C’è la tradizione napoletana, c’è Troisi, ma credo di avere assorbito anche altro. Non credo che incontrare altre culture significhi tradire la propria. Mi piace anche Woody Allen. Per me il punto di riferimento della comicità sono Stanlio e Ollio. Non mi piace quando la cultura napoletana si autocelebra”.

 Da gennaio, il tour ripartirà con regole più rigide, ancora a causa del covid. “Ma in uno dei miei ultimi spettacoli ho fatto un selfie con il pubblico e la metà indossava già Ffp2. Ho già fatto venti spettacoli, tutti con la mascherina. Il primo giorno quando ho sentito una risata fragorosa dietro le mascherine mi sono commosso. In questi due anni ho avuto paura di non esistere più”.

 La riapertura dei teatri, pur con le necessarie limitazioni, è stata un sollievo per Salemme: “Siamo 6 tra attori e attrici più 7 tecnici, una ventina di famiglie che si fermano. Per cui il pensiero ce l’ho avuto per tutta la pandemia, tanto che nello spettacolo faccio entrare con un escamotage anche una parte dei tecnici”, racconta l’artista campano. La pandemia si è abbattuta anche sul cinema, i cui incassi in Italia sono colati a picco durante il Natale: “Il problema -riflette- è che bisognerebbe capire perché si è spenta la luce tra i film e gli spettatori. Mi preoccupa tanto. Amo il cinema e una vita senza il cinema è molto più triste”.

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