Intervista al cantautore piemontese, da venerdì 8 aprile il nuovo album

Una dedica speciale, un inedito e tre canzoni rielaborate per l'occasione danno il via alla nuova stagione musicale di Alberto Fortis, il noto cantautore piemontese che, da venerdì 8 aprile, è nei negozi e nei digital store con il nuovo EP 'Con te', prodotto a New York da Roberto Baldi e Zenima. Oltre a 'Con te', canzone che dà il titolo all'album, il cui video è stato girato da Max Volpini con la scenografia dello stesso Fortis, nel disco c'è anche 'Aldilà (a Francesco)', dedicata all'attuale Papa, e tre brani del repertorio del cantante rielaborati: 'Tu lo sai', 'Infinita Infinità' e 'Do l'anima', tutti caratterizzati da attualità sonora e intensità ritmica. Poi, dal 26 aprile, Fortis si dedicherà al 'Con te in Tour', che debutterà al Teatro Novelli di Rimini, dove si esibirà con i brani dell'EP e i suoi successi di sempre.

Che cosa c'è di nuovo in questo EP rispetto ai lavori precedenti?

Quando ho risentito l'intero EP, mi sono trovato di fronte a una delle cose più compatte, viscerali e belle che io abbia mai scritto. Nei testi c'è un linguaggio sentimentale, ma anche diretto e comprensibile, che mi porta a risentire gli entusiasmi che avvertivo nei miei primi album. La vena polemica del mio periodo iniziale si è trasformata in considerazioni che hanno sempre forza polemica, ma meno evidente. Canzoni come 'Infinità infinità', se si ascolta attentamente, è poetica, ma ha considerazioni forti, così come il brano 'Do l'anima'. Quelle di oggi, rispetto a quelle di un tempo, sono constatazioni che abbracciano di più il sociale, il collettivo: ho capito che, alla fine, l'invettiva fine a se stessa si esaurisce presto.

Il brano 'Aldilà' è dedicato a Papa Francesco. Perché? 
Questa canzone è nata in collaborazione con un amico, don Gabriele Corini. Questa canzone è un filo conduttore tra ciò che sta succedendo nella nostra epoca, anche cose totalmente riprovevoli, e il concetto della vita dopo la vita, ovvero l'Aldilà' che dà il titolo alla canzone. L'ho dedicata a Papa Francesco perché, nelle mie riflessioni, ho notato come la sua figura sia tornata a parlare un linguaggio più focalizzato su ciò che le epoche oggi stanno chiedendo. Lui ha la volontà di 'spogliare' determinati 'dogmi': da sempre il dogma ha creato delle emanazioni inconcepibili, come il concetto di religione quale 'madre di tutte le guerre', ma questa idea è assolutamente antitetica al concetto religioso puro e della fede. Se davvero gli dei ci stessero guardando, la cosa più orribile che potrebbero constatare è vedere persone che si straziano gli uni con gli altri nel loro nome. Questo è l'assurdo che il concetto di dogma porta in sé. Mi sembra che la figura di Francesco, che è davvero pastorale, stia comunicando al contrario un'idea di religione 'spogliata' e veramente spirituale. Mi sono permesso di scrivergli una lettera esprimendogli il mio desiderio di poterlo incontrare e di potergli suonare questa canzone direttamente. Sono in trepida attesa.

Che rapporto ha con la religione? 
Molto esplorativo. Nasco da una famiglia che viene da Israele, ma siamo cattolici cristiani già da diverse generazioni. La figura di Cristo, comunque lo si voglia considerare, ha avuto la forza, nella Storia, di dividere il 'prima' dal 'dopo' di lui. Ecco perché ritengo Cristo la figura più incisiva e importante. Il fascino dell'esplorazione ricade anche nell'indianità. Le indianità, sia dell'Est che dell'Ovest, hanno una forza religiosa che ha una fortissima umanità.

Un mondo, quello degli indiani d'America, che lei conosce molto da vicino.

Da tantissimi anni seguo la causa dei nativi d'America, ho fatto anche parte di un'ambasceria Unicef per i bambini della popolazione Navajo e ho adottato a distanza un bimbo, Alvin, che vive nel Kerala. Le religioni del mondo, anche se apparentemente distanti, sono tese a un insegnamento univoco, che è quello di celebrare la nostra esistenza, che sappiamo bene essere solo una brevissima scintilla in mezzo al firmamento, nel rispetto di noi stessi e degli altri. Questa è la bellezza della vita. E ancora una volta arriviamo al concetto del dogma, che invece manipola in nome dell'economia e del potere la cosa più meravigliosa che c'è nella razza umana, ovvero la possibilità di convivere e comprendersi. La cosa più sciocca è vedere cosa succede nel nome di un Dio.

In passato ha vissuto con gli indiani Navajo. Che ricordi ha di quel periodo?

Il periodo di tempo che mi ha portato a essere ammesso anche alle loro cerimonie più importanti è durato 10, 12 anni. Oggi la situazione dei nativi d'America fortunatamente è leggermente migliorata anche grazie ai riconoscimenti delle leggi durante l'amministrazione di Clinton. Il loro è stato un olocausto vero e proprio: sono stati più di due milioni i nativi d'America che sono stati sterminati nell'epopea del Far West. Dopo tanti anni di vicinanza e dopo aver dedicato a loro, in ogni album, alcune canzoni, sono stato ammesso alle loro cerimonie.

Quale l'ha colpita di più?

Ho assistito alla cerimonia della pioggia. Inspiegabilmente, nel giro di 40 minuti, dove non c'era una nuvola all'orizzonte ha cominciato a piovere. Ero nel New Mexico, in occasione della cerimonia annuale dove i rappresentanti delle tribù si riuniscono. Sono entrato in contatto con un musicista della tribù Cheerekawa, ci siamo scambiati i lavori musicali e lui ha capito la mia sincerità nel volerli avvicinare: loro, di solito, sono restii e hanno sempre molta paura, perché ci sono spesso infiltrati del governo americano. Mi ha invitato a partecipare a questa cerimonia, spiegandomi anche che, spesso, i giovani vivono come una scelta lacerante il fatto di trasferirsi nelle città o restare nella loro terra. Questa cerimonia a lui aveva aperto definitivamente il credo nella cultura religiosa dei suoi avi. Ricordo anche un'altra esperienza che mi ha segnato.

Di quale si tratta?

E' stata fatta anche la cerimonia della tenda sudatoria, in preparazione della cerimonia del sole. Quest'ultima, che oggi è negata, si rivolge a chi vuole essere guerriero e consiste anche nell'essere trafitti, senza nessuna anestesia, da ossa di bisonte, che sono sacre ai nativi d'America. La tenda sudatoria li induce in una sorta di trance naturale e non provano dolore.

Che cosa ha provato facendo questo cerimonia?

Mi si è messa a fuoco un'immagine confusa, che ho poi compreso solo parlando con i miei famigliari una volta tornato in Italia. Era una memoria che io avevo a un anno e un mese di vita. In quest'immagine c'era una sorta di robot che camminava strano. Mi hanno spiegato che questo 'robot' era in realtà mio nonno materno, che era anziano e camminava male. L'unico che riusciva a prendere in braccio ero io, perché ero il più piccolo. In quella cerimonia, quella figura si è messa a fuoco e solo allora ho capito cosa fosse la forza cerebrale. Ci fu la meraviglia di tutti: era impossibile potessi ricordarmelo.

Tornando all'album, 'Con te' esprime il desiderio di avere un figlio, sogno che non ha realizzato.

'Con te è una delle canzoni più semplici e intense allo stesso tempo che io abbia mai scritto. E' una dedica alla volontà di avere una famiglia, soprattutto figlio. Sono portato a scrivere dell'amore universale: anche quando amo una donna, parlare solo di quello mi è sempre parso troppo restrittivo, quindi cerco di 'agganciare' i miei sentimenti a una necessità più collettiva. 'Con te' è una confessione privata e universale: prima o poi, tutti sentono questa esigenza. Quando mi è venuta in mente, stavo salendo le scale della mia casa al mare e ne ho registrato la prima bozza immediatamente sul telefonino.

In generale, come giudica il panorama musicale italiano di oggi?

Ci sono molti bravi cantanti, anche giovani: mi piace Moltheni, artista di grande coraggio. Anche Elisa si conferma ogni volta bravissima. Pensando ai più giovani, apprezzo molto Francesca Michielin, perché è un'artista che riesce a essere autentica. Forse, negli ultimi anni, apprezzo di più le nuove scene al femminile: l'artista donna ha un modo di metabolizzare le storie con un codice più sostanziale, riesce a sedimentare l'arte in maniera più indipendente, istintiva e stabile.

Anche nel panorama estero apprezza di più lo scenario femminile? 

Sì. Beyoncè è una grande star, Sia ha una forza graffante e ho un'adorazione per Alanis Morissette, che ha lasciato una bella 'zampata', così come fu per Tracy Chapman. Come band, tra le più nobili amo i Sigur Ros.

Perché molti cantanti di oggi durano così poco? 

In altre epoche c'era più possibilità di farsi conoscere, amare e restare nel tempo. Non è detto che, oggi, chi dura di meno – e lo dico soprattutto ai giovani – sia perché valga di meno: ormai il 'vortice' va a duemila allora. Chi rimarrà delle nuove generazioni? Continuo a pensare al femminile: la prima che mi viene in mente è sempre la Michielin. Ha una poetica 'urban' ma sensibile e femminile. Altri esempi al maschile, tra giovani, non mi vengono in mente.

Che cosa pensa dei talent show? 

Io ho fatto parte di 'Music Farm' nel 2006. All'inizio ne ero atterrito, ma poi sono diventato amico di Franco Califano, un poeta maledetto che, grazie alla sua teatralità anche nella vita, si poteva permettere di dire ciò che voleva. Ai talent ricordo una cosa: ci si assuefa a tutto, prima o poi. Per questo dovrebbero premiare la sostanza il più possibile. E' vero che qualcuno si è affermato ed è rimasto, come Mengoni e Dolcenera, ma la maggior parte subisce l'effetto meteora. I talent hanno una grande responsabilità e dovrebbero avere più coscienza: quando i giudici hanno di fronte una persona che esegue 'Little Wing' di Hendrix in maniera davvero poco credibile e dicono al concorrente 'Bravo, l'hai fatta tua', dovrebbero dire invece 'Hai fatto una schifezza'. Morgan, con tutte le sue manifestazioni pirotecniche spesso esagerate, quando dava di matto verso un concorrente era in buona fede. Mi auguro che i talent, in futuro, abbiano più voglia di qualità.

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