I ricordi e gli omaggi alla sua memoria che arrivano dal mondo della cultura e dello spettacolo non si contano

È la sera del 7 giugno del 1984 quando Enrico Berlinguer pronuncia a Padova, in Piazza della Frutta, il suo ultimo discorso. Parla davanti a migliaia di militanti, sono da poco passate le 21.30, la sua voce appare incrinata, il segretario del Pci fatica, si ferma a più riprese, si china per bere dell’acqua. Il malessere è evidente anche nelle immagini dello schermo che, alle sue spalle, sembra amplificare le pause, la difficoltà nel pronunciare le parole e i primi sintomi del malore che quattro giorni dopo ne provocherà la morte.

La mattina dell’8 giugno, Berlinguer è in coma in ospedale. L’Unità, allora quotidiano del partito, esce in edizione straordinaria con il titolo a tutta pagina ‘Sgomento, ansia e speranza per la vita di Berlinguer’. Il segretario del Pci muore l’11 giugno e sul quotidiano fondato da Gramsci una grande fotografia lo ricorda con il titolo a caratteri cubitali in rosso ‘Addio’ e a pagina due ‘Mancherai a tutti’. Due giorni dopo è il 13 giugno e a Roma oltre un milione di persone partecipa al suo funerale. Il feretro sfila dalla sede del Pci, in via delle Botteghe Oscure, a piazza San Giovanni in Laterano. Alla cerimonia presenzia commosso il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che di lui parla come “come un amico fraterno, un figlio, un compagno di lotta”. Sono presenti le massime cariche dello Stato e tutte le personalità politiche, tra le quali anche il segretario del Movimento sociale italiano Giorgio Almirante, e decine di delegazioni straniere, tra cui il premier cinese Ziyang, Michail Gorbaciov e Yasser Arafat. Mai nell’Italia repubblicana si era avuta una tale manifestazione di affetto e cordoglio per una figura politica.

Ancora oggi, i ricordi e gli omaggi alla sua memoria che arrivano dal mondo della cultura e dello spettacolo non si contano: dai documentari, ai film e le canzoni. Ma di dediche gliene arrivano tante già quando è in piena attività: nel 1977, il regista Giuseppe Bertolucci con ‘Berlinguer ti voglio bene’, sceglie Roberto Benigni come protagonista nei panni del giovane del sottoproletariato toscano Mario con il mito dell’allora segretario del Pci. Sono anni in cui si parla di ‘compromesso storico’, la strada della collaborazione con la Democrazia Cristiana, in particolare nella persona di Aldo Moro. Periodo difficilissimo, lacerato dal terrorismo. Alla fine degli Anni Settanta, Berlinguer prova a lanciare il discorso della ‘terza via’ tra capitalismo e socialismo reale. Poi punta l’attenzione sulla cosiddetta ‘questione morale’, “diventata oggi – dirà nel novembre del 1980, pochi giorni dopo il terremoto dell’Irpinia – la questione nazionale più importante”.

A quarant’anni dalla morte, Enrico Berlinguer resta immancabile icona dei pantheon della sinistra, dal Partito comunista al Pd, ma anche di altre forze politiche che si iscrivono al campo progressista come il Movimento 5 Stelle. Torna e ritorna nella cultura popolare, nei fumetti e nelle canzoni, con Antonello Venditti, che in ‘Dolce Enrico’ canta: “Se tu ci fossi ancora, ci basterebbe un sorriso, per un’abbraccio di un’ora”.Con il passare degli anni la sua immagine sembra diventare sempre più pop e quell’uomo serio arrivato dalla Sardegna piace anche ai giovani, tanto che la segretaria dem Elly Schlein ne vuole il volto sulle tessere del partito e sceglie la piazza di quell’ultimo comizio per chiudere, proprio il 7 giugno, a Padova, la campagna elettorale delle Europee. Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni gli rende omaggio, visitando, nel febbraio scorso, la mostra ‘I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer’, all’ex Mattatoio di Testaccio, nella Capitale, dove lascia, sul libro dei visitatori, la dedica: “Il racconto di una storia, politica. E la politica è l’unica possibile soluzione ai problemi”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata