Per il vicepremier Salvini si tratta di una "rivoluzione liberale"

Arriva il via libera al decreto ‘Salva-Casa’, licenziato oggi dal Consiglio dei ministri. “Una rivoluzione liberale”, lo ha definito il vicepremier Matteo Salvini, principale fautore del dl, spiegando che le novità puntano a sanare piccole difformità edilizie, levando dalle scrivanie dei Comuni circa 4 milioni di pratiche.
 
Dall’ampliamento della rosa di interventi senza permesso (cioè in ‘edilizia libera‘) alle tolleranze costruttive ed esecutive, fino alle misure sulle parziali difformità, il testo – pur componendosi di soli 3 articoli – tocca molteplici questioni, introducendo una serie di novità.

Edilizia libera

Si allarga il numero di interventi in edilizia libera, che dunque non richiedono alcun titolo abilitativo, né permesso e/o comunicazione, perché considerati non eccessivamente impattanti. Rientrano nel novero gli interventi di: manutenzione ordinaria; installazione di pompe di calore < 12 kw; rimozione di barriere architettoniche; installazione vetrate panoramiche amovibili (VAP) anche per i porticati rientranti all’interno dell’edificio; installazione di opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, la cui struttura principale sia composta da tende, anche a pergola, addossate o annesse agli immobili, purché non determini spazi stabilmente chiusi e non abbiano un impatto visivo e ingombro apparente disarmonici.

Tolleranze costruttive ed esecutive

Vengono aumentate le soglie delle tolleranze costruttive – cioè quelle difformità edilizie di lieve entità che non costituiscono violazione delle norme sull’edilizia – per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, entro il limite massimo del: 2% per una superficie utile superiore a 500 metri quadri; 3% per una superficie utile compresa tra tra i 300 e i 500 metri quadri; 4% per una superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadri; 5% per una superficie utile inferiore ai 100 metri quadri.
 
Ampliate anche le tolleranze esecutive, ovverosia i limiti sulle irregolarità geometriche, le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, la diversa collocazione di impianti e opere interne. In particolare, per gli interventi realizzati sempre entro il 24 maggio sono incluse: il minore dimensionamento dell’edificio; la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali; le irregolarità esecutive di muri esterni e interni; la difforme ubicazione delle aperture interne; la difforme esecuzione do pere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria; gli errori progettuali corretti in cantiere; gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Accertamento di conformità

Semplificata la procedura di accertamento di conformità con l’eliminazione della doppia conformità, che da ora sarà richiesta solo per i casi più gravi. Dunque, il decreto prevede che per ottenere l’accertamento non si debba più dimostrare la conformità dell’opera alla normativa edilizia ed urbanistica sia al momento della realizzazione che al momento di presentazione dell’istanza. Per le parziali difformità, inoltre, possono essere sanati gli interventi che all’epoca della realizzazione erano coerenti con le norme edilizie e che oggi sono conformi a quelle urbanistiche.

Silenzio rigetto diventa silenzio assenso

Si supera il silenzio rigetto, introducendo il silenzio-assenso: se la Pubblica amministrazione non risponde entro 45 giorni per un permesso in sanatoria o 30 giorni per una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia), l’istanza si considera accettata. Per gli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, si aggiungono fino a 180 giorni alle tempistiche.
 
In ogni caso, il decreto prevede il pagamento di una sanzione in relazione all’aumento di valore dell’immobile, i cui introiti potranno essere utilizzati per la demolizione di opere abusive o iniziative di rigenerazione e recupero urbano.
 
Il decreto inoltre riduce gli oneri amministrativi per i cittadini: per dimostrare lo Stato legittimo sarà sufficiente presentare il titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, anche in sanatoria. Ne deriva quindi che le parziali difformità che saranno sanate contribuiranno a dimostrare lo stato legittimo di un immobile.

Cambio destinazione d’uso

Snellito il cambio di destinazione d’uso di singole unità immobiliari. All’interno della stessa categoria funzionale, il mutamento e la destinazione d’uso sarà sempre ammesso. Tra diverse categorie funzionali, il mutamento e la destinazione d’uso sarà ammesso limitatamente alle categorie residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale; in ogni caso all’interno delle zone: centro storico, residenziali consolidate, residenziali in espansione. Sono escluse dalle semplificazioni le unità immobiliari al primo piano fuori terra.

Alienazione delle opere abusive

I Comuni – previo parere delle amministrazioni competenti – potranno alienare un bene o un’area di sedime abusivi (acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio comunale), condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive. La norma è stata disegnata per permettere agli enti locali di valorizzare il proprio patrimonio e si applica sempre a meno che l’opera in questione non contrasti con rilevanti interessi culturali, paesaggistici, urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.

Dehors sanitari in epoca Covid

I dehors realizzati “per finalità sanitarie, assistenziali ed educative” durante la pandemia, come possono essere, ad esempio, le strutture costruite esternamente alle farmacie o fuori da Rsa e ospedali, potranno restare, a fronte però di “comprovate e obiettive esigenze” e “qualora continuino ad essere installante alla data di entrata in vigore della presente disposizione”. Nel testo vengono fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e il rispetto delle altre normative. Inoltre, resta ferma la facoltà per il Comune territorialmente competente di richiederne in qualsiasi momento la rimozione, con provvedimento motivato, nel caso in cui sia rilevata la non conformità dell’opera con le prescrizioni e i requisiti richiesti.

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