Il presidente della Repubblica accolto in Università da alcuni 'buuu' e un simbolico lancio di aeroplanini di carta

Nessuna torre d’avorio. Nessuna lezione a porte chiuse. Sergio Mattarella arriva alla Sapienza e non intende ignorare (né “invisibilizzare”, come scrivono loro) la protesta degli studenti pro Palestina da giorni in presidio con tende e striscioni dentro la città universitaria, le parole che gli hanno rivolto in una lettera aperta. Lo accolgono alcuni ‘buuu’ e un simbolico lancio di aeroplanini di carta, oltre agli slogan ‘Palestina libera’ e ‘Intifada fino alla vittoria’.

“Come garante della nostra democrazia e della costituzione che ripudia la guerra, la sua presenza in ateneo ci interpella; ci chiediamo come sia possibile che in questi spazi che dovrebbero costruire le basi della democrazia non ci sia spazio per le voci di dissenso“, mettono nero su bianco i ragazzi. Di più. “Crediamo che in questo momento storico, e date le attuali circostanze ovvero il presidio fisso delle Tende contro il genocidio a Gaza, la sua visita alla Sapienza non possa svolgersi nella torre d’avorio del rettorato alla quale, come è stato più volte dimostrato, l’accesso delle studentesse e degli studenti è blindato”, aggiungono.

 

Non vuole blindarsi, però, Mattarella. Il Capo dello Stato, piuttosto, mentre nell’aula magna i neolaureati con il ‘tocco’ in testa lo applaudono, prova a dialogare, a distanza, con gli studenti rimasti fuori a protestare. E, da quella che è stata la sua università, arriva una nuova lezione. “Una lettera che è stata pubblicata mi ha sollecitato a non rinchiudermi in quella che è stata definita la torre d’avorio del rettorato ed entrando un cartello mi chiedeva cosa penso di quello che sta avvenendo a Gaza: non voglio lasciare questa domanda senza risposta – esordisce –  Quello che penso di quel che avviene a Gaza l’ho detto pubblicamente e non in circostanze fortuite o informali ma in occasioni significative come l’intervento che ho fatto all’assemblea Generale dell’ONU o nella lettera inviata al presidente della Repubblica israeliano”.

Mattarella ricorda di aver chiesto l’immediato cessate il fuoco, ribadito la posizione ‘due popoli, due Stati’, invocato il dialogo. Poi, però, sottolinea come siano tanti i fronti per cui combattere. “Per la nostra Repubblica tutte le violazioni dei diritti umani vanno denunciate e contrastate. Tutte. Ovunque, sempre. Perché la dignità umana, la rivendicazione della libertà, la condanna della sopraffazione, il rifiuto della brutale violenza non cambiano valore a seconda dei territori, a seconda dei confini degli Stati o delle relazioni internazionali tra parti politiche”, dice chiaro, ricordando sì il popolo palestinese, ma anche “i ragazzi e le ragazze uccisi e stuprate mentre ascoltavano musica in un rave il 7 ottobre in Israele, i bambini sgozzati quel giorno, il rapper condannato all’impiccagione in Iran. Vale per Masha Amini e per tante ragazze iraniane incarcerate torturate e spesso uccise per il rifiuto di indossare il velo o perché non lo indossavano bene, vale per le ragazze a cui è proibito frequentare scuole e università in Afghanistan”, elenca.

La rotta, insomma, non cambia: “La libertà, la pace, i diritti umani passano attraverso il dialogo, il confronto, contro la violenza e contro l’odio che diffondendosi producono esiti raccapriccianti, come ieri avvenuto in Slovacchia”, sottolinea. Tutto questo è vero, insiste Mattarella, soprattutto nelle università. “Il potere, quello peggiore, desidera che le università del proprio Paese siano isolate, senza rapporti né collaborazioni con gli atenei degli altri Paesi perché questa condizione consente al peggiore dei poteri di controllare le università, di comprimere la cultura e di impedire la sua spinta di libertà”, ribadisce, rinnovando il suo appello al dialogo “senza che che alcuno ritenga di poter esigere di imporre valutazioni o decisioni, ma nel rispetto delle altrui opinioni perché in questo rispetto – conclude – risiede la libertà”. L’aula magna si alza in piedi e applaude. Fuori, la tensione si alza un po’ dopo l’arrivo di alcune camionette della polizia, ma dura poco. 

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