Il direttore generale della Fipe, Roberto Calugi, a LaPresse: "Si spera però che porti a modelli di consumo più salutari". Contraria anche la Confagricoltura

Cresce il dibattito politico attorno alla Sugar Tax, l’imposta sul consumo di bevande analcoliche zuccherate o edulcorate che, se verrà approvato un emendamento del ministero dell’Economia al decreto Superbonus (a cui si oppongono Forza Italia e il vicepremier Antonio Tajani), dovrebbe entrare in vigore entro l’estate. Contro la nuova tassa anche la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), associazione di categoria di bar e ristorazione. “Una nuova tassazione lascia perplessi in un momento come questo in cui si sta cercando di ripartire. La tassa si scaricherà sui consumatori e la perplessità c’è quando ci sono forme di tassazione che pagano i consumatori. Certo si spera che la Sugar tax comporti comunque l’adozione di modelli di consumo più salutari“, ha detto a LaPresse il direttore generale Fipe, Roberto Calugi. Alla domanda se ci siano attualmente timori di eventuali ricadute per il settore dovute all’imposta, Calugi ha risposto che per ora non sono state fatte stime relative agli impatti sul comparto

Confagricoltura: “No a imposta che colpisce filiera agroalimentare”

Contraria al provvedimento anche Confagricoltura, una delle associazioni di categoria degli agricoltori in Italia. “Il mancato rinvio della Sugar Tax penalizzerebbe indiscriminatamente qualsiasi tipo di bevanda e inasprirebbe la crisi della domanda con effetti pesanti su tutta la filiera agroalimentare“, si legge in una nota dell’associazione. “La Confederazione ha sempre contestato l’introduzione del tributo che avrebbe effetti fortemente negativi sulle imprese agroalimentari, sull’occupazione e anche sui consumatori per l’inevitabile aumento dei prezzi del prodotto finale. Colpisce anche che alla Sugar Tax venga riservato un trattamento diverso rispetto alla Plastic Tax, ancora rinviata, creando uno squilibrio tra le due misure”, prosegue, concludendo: “L’auspicio è che ci siano i margini per rivedere l’intera norma, evitando di andare a colpire un comparto già alle prese con forti restrizioni e costi di produzione elevati, a fronte di margini sempre più stretti“.

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