La presidente del Consiglio in un convegno spiega le ragioni della riforma nel giorno in cui inizia l'iter al Senato

Nel giorno in cui la riforma del premierato, la modifica della Costituzione che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio, inizia il suo iter legislativo al Senato, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni spiega le ragioni della riforma in un convegno alla Camera dei Deputati, provando a respingere le obiezioni su un possibile svuotamento dei poteri del presidente della Repubblica. 

“Costituzione è di tutti, nessuno escluso”

Una riforma, quella del premierato, che se non dovesse essere approvata con la maggioranza qualificata alla seconda lettura in Parlamento, sarà soggetta al referendum conformativo da parte dei cittadini. “Quando arriverà il referendum, se dovesse arrivare, decideranno i cittadini, perché la Costituzione non è mia, non è della sinistra, non è di nessuno in particolare ma è di tutti, è del popolo italiano”, ha detto la premier all’inizio del suo intervento. 

“Obiettivo stop a stagione dei ribaltoni”

“Penso che sia un errore approcciare questi temi con una impostazione ideologica, ma è il problema che vedo in questo dibattito. Sarebbe però un errore da parte della politica indietreggiare e gettare la spugna”, ha proseguito Meloni, precisando che l’obiettivo della riforma è assicurare stabilità ai governi ed “evitare ribaltoni. Nella scorsa legislatura abbiamo avuto tre governi, guidati da due presidenti del Consiglio, nessuno dei due aveva avuto legittimazione popolare, hanno guidato coalizioni formate da partiti che in campagna elettorale avevano dichiarato la loro alternatività, e la fiducia a quei governi è stata data da parlamentari eletti in liste bloccate. Tutto costituzionalmente legittimo, ma il punto è che i padri costituenti non potevano immaginarlo, perché era un altro mondo, un’altra epoca. Ora lo abbiamo visto accadere e lo dobbiamo correggere“. 

“Convinta bontà riforma e per me è un rischio farla”

Nel processo, però, ha assicurato Meloni, ci sarà un ampio coinvolgimento del Parlamento. “Il primo obiettivo è garantire che i parlamentari abbiano voce in capitolo. Il secondo obiettivo è che chi governa possa avere un orizzonte di legislatura. Sono obiettivi di sistema, e sono nuovi per la strategia repubblicana. Questa esigenza di riforma nasce dall’esigenza di efficacia e funzionamento della nostra forma di governo. Non si è mai riusciti a fare significativi passi avanti e trovare la soluzione, forse proprio per la tendenza a guardare all’interesse di parte piuttosto che all’interesse complessivo del sistema. Mi sono interrogata su come i miei avversari politici utilizzerebbero questa riforma se fossero al governo, ma non mi faccio questi problemi. Per me è un rischio fare questa riforma, ma ho l’occasione, per la prima volta in molti anni, di fare qualcosa che può servire al futuro del Paese. E penso che una riforma di questo tipo può essere utilizzata in positivo da chiunque“, ha detto la leader di Palazzo Chigi. 

“Repubblica nata da referendum divisivo, è la democrazia”

La premier ha anche escluso che sottoporre la riforma al giudizio del corpo elettorale possa causare delle divisioni nel Paese. “Se non si riesce ad approvare la riforma con i due terzi del Parlamento, andrà benissimo sottoporre ai cittadini la scelta. Si dice che non è bene arrivare a un referendum divisivo, ma ricordo che la Repubblica è nata su un referendum divisivo, perché così è la democrazia“, ha affermato. 

“Con instabilità no strategia e credibilità internazionale”

La necessità di aumentare la stabilità dei governi, secondo Meloni, deriva dal fatto che “in 75 anni di Repubblica la durata media dei governi è stata poco più di un anno. Con 564 giorni di governo oggi, attualmente il governo che io presiedo è il 16esimo in longevità su 68 governi della storia d’Italia, se dovessimo arrivare al panettone saremmo già il sesto. E il problema è che ogni volta che il governo è cambiato si è anche ricominciato daccapo su tutto, un po’ per necessità e un po’ no, in altri sistemi non è così. Chiaramente questa instabilità a cascata porta con sé problemi importanti e significativi. Il primo è l’impossibilità di perseguire strategie di medio periodo, fare riforme strutturali, affrontare i problemi profondi. Quando il tuo orizzonte è breve non puoi permetterti di fare investimenti, che hanno bisogno di tempo, e perciò in Italia la spesa corrente ci ha portata a fare il debito che abbiamo. Quando ho un orizzonte breve non mi interessa chi ripagherà quel debito. E potrei fare decine di esempi così. Il secondo tragico effetto dell’instabilità è la credibilità internazionale: chi costruisce partnership con un interlocutore che cambia a ogni incontro? La fiducia è data anche dalla conoscenza dell’interlocutore: per costruire rapporti internazionali solidi serve costanza, conoscenza reciproca, tempo”. 

“Italia percepita oggi tra nazioni più stabili”

“Oggi vengono meno le certezze, a livello internazionale. E chi è disposto a investire in una nazione nella quale non c’è certezza su nulla? Oggi l’Italia è vista come una delle nazioni più stabili del panorama, e le persone hanno interesse a investire da noi. Quindi, quanto abbiamo pagato la nostra instabilità? Basta guardare alla crescita: nei primi 20 anni di questo millennio Francia e Germania sono cresciute più del 20%, l’Italia meno del 4. Allora c’è qualcosa che non funziona nel sistema: è il prezzo dell’instabilità”, ha detto Meloni enunciando quelli che ritiene siano i rischi in caso di mancata approvazione della riforma. 

“Capo dello Stato resta arbitro con poteri inalterati”

Non verranno toccati, ha aggiunto, i poteri del capo dello Stato: “Nella nostra riforma è stata una scelta quella di lasciare inalterati i poteri del capo dello Stato. Segnalo che già oggi quando dalle urne escono maggioranze stabili, il Presidente della Repubblica recepisce le indicazioni che arrivano dai cittadini. Non è che indipendentemente dal volere dei cittadini lui sceglie il governo. Il Presidente della Repubblica deve intervenire quando il sistema non funziona, e deve intervenire come supplente di una politica incapace di decidere, e questo non rafforza la figura del Presidente della Repubblica. Noi non abbiamo aiutato la figura di garanzia del Presidente della Repubblica a esercitare un ruolo che normalmente non spetta a lui: definiamo una cornice in maniera tale da non costringere il Presidente della Repubblica a intervenire nel dibattito politico, cosa che ne può anche indebolire l’autorevolezza. Si è anche detto e scritto che il capo dello Stato potrebbe essere più debole di un premier eletto dal popolo, ma anche qui penso che sia l’esatto contrario: esercita il ruolo di garante super partes della Costituzione, che rimane in capo al Presidente della Repubblica. Si mette fine a sovrapposizioni che spesso hanno creato più problemi che soluzioni”.

“Riforma non indebolisce le camere ma il trasformismo”

Respinte anche le accuse di indebolire il ruolo del Parlamento con il rafforzamento di quello del presidente del Consiglio. “La riforma rispetta la salvaguardia del ruolo del Parlamento. C’è chi sostiene che indebolisca le Camere, ma io penso che indebolisca il trasformismo, e che sia il trasformismo ad avere spesso indebolito le Camere. Abbiamo pensato che fosse corretto in una Repubblica parlamentare presentarsi al cospetto delle Camere, per la fiducia al governo. Non al premier, che ha già la legittimazione popolare, ma al governo nel suo complesso”, ha detto la premier. 

“Aperta al dialogo se non dilatorio”

Ha poi ribadito l’apertura a dialogare della riforma insieme al Parlamento. “Io ero partita da un altro schema, poi abbiamo cercato di capire l’umore e abbiamo sentito che tutti dicevano ‘il Presidente della Repubblica non si tocca’, e subito abbiamo accantonato il semipresidenzialismo alla francese. Consideravo già questo un segnale di disponibilità al dialogo, che evidentemente non è stato colto. Ma sono sempre disponibile al dialogo, se non è dilatorio“, ha detto. 

“Riforma non riguarda né me né Mattarella ma il futuro”

Infine, Meloni ha escluso che la riforma sia fatta per motivi inerenti nello specifico alla sua persona o all’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Questa riforma non riguarda me, non riguarda neanche il Presidente Mattarella, riguarda il futuro, riguarda tutti, e per questo sono contro la personalizzazione della questione. Su un tema così l’opposizione fine a se stessa non serve a niente. Possibile che in Italia non si riesca mai a discutere delle grandi questioni? Il gioco tattico lo pagano poi i cittadini”, ha detto.

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