Renzi punzecchia: "Avevano un calcio di rigore e hanno deciso di non tirarlo"

Non un alt specifico indirizzato a Elly Schlein, piuttosto la convinzione che, per far sì che l’Unione europea torni a contare sullo scacchiere internazionale, in Parlamento debba andarci una squadra forte e credibile, una nuova classe dirigente fatta magari da giovani leve, che imparino e costruiscano l’Europa del futuro. Romano Prodi torna sulle possibili candidature dei leader alle prossime elezioni europee.

Prodi: “Il mio un discorso generale”

“Ho fatto un discorso generale. Vale per tutti – chiarisce il professore a margine del convegno organizzato in Campidoglio in memoria di David Sassoli – Se ci metti cinque candidature e ne scegli una vuole dire che alle altre quattro non ci vai. In alcuni casi non ci vai proprio. Questo è un vulnus per la democrazia. Io non stoppo nessuno, ho parlato di candidature multiple”. Per l’ex premier l’abitudine dei leader di casa nostra di spendere il loro nome quale bandiera per attirare l’elettorato, insomma, non fa bene alle istituzioni comunitarie. “E’ un serio principio di democrazia. Se continuiamo a indebolire la democrazia in tutti i suoi aspetti, poi non ci lamentiamo se arriva la dittatura”, taglia corto.

Pd diviso tra chi esorta la leader e chi pensa alle quote di genere

Anche Schlein è nella sala della Protomoteca capitolina a ricordare il presidente del Parlamento europeo scomparso due anni fa. I due si salutano velocemente, con un sorriso e una stretta di mano. La segretaria dem non ha ancora sciolto la riserva su una possibile candidatura, ma la riflessione è in corso e in tanti scommettono su una sua battaglia in prima persona, magari contro Giorgia Meloni. Nel partito le ‘tifoserie’ si dividono, tra i fedelissimi che la esortano a “metterci la faccia per tentare di acchiappare i consensi anche del popolo delle primarie” e chi pensa alle quote di genere che sarebbero penalizzate: “Con Schlein capolista, le donne scivolano indietro nelle posizioni, questo non aiuta”. Per i più, dopo la ‘polarizzazione’ chiamata dalla premier, Schlein “non può tirarsi indietro, Meloni la accuserebbe di scappare”. In più mettere il proprio nome sulla scheda le converrebbe “sia per tagliare fuori Conte, sia perché – è il ragionamento – con un partito inchiodato intorno al 20%, portare a casa un bel bottino di preferenze significherebbe comunque blindare il Nazareno”.

Certo il ‘lodo Prodi’ fa sentire il suo peso: “Questa cosa non è nella nostra tradizione, non ci si candida in Europa per non andarci”, il refrain di tanti. Ad accomunare tutti, però, una considerazione che si fa sempre più pressante: “Elly faccia quello che crede ma non aspetti un mese per deciderlo perché altrimenti diventa uno stillicidio – la vulgata che va per la maggiore nei corridoi Palazzi – già dopo Ucraina e abuso d’ufficio sembriamo un partito ‘sospeso’, deve riprendere il pallino in mano”.

Renzi: “Avevano un calcio di rigore ma hanno deciso di non tirarlo”

Sull’indecisione del gruppo dirigente Pd, dice la sua Matteo Renzi (che invece ha già deciso di candidarsi): “Avevano un calcio di rigore e hanno deciso di non tirarlo”, gongola. In ogni caso, la consapevolezza dello stato maggiore interno dem è che dalle Europee dipenderà molto del futuro del partito, anche se – viene riferito – più che a Bruxelles o a Sardegna e Basilicata (le Regioni in cui si vota nel 2024, già governate dal centrodestra), è a Emilia Romagna, Toscana, Campania e Puglia che Schlein deve guardare. “Quelle sono nostre e su quelle si misurerà l’alleanza, lì la segretaria si gioca tutto”, scommette un dirigente dem di peso.

Eurocamera: “Candidature fake pratica solo italiana”

Quanto alle pluricandidature europee, in ogni caso, anche a Bruxelles questa abitudine dei big della politica del Belpaese non è particolarmente apprezzata: “È una pratica tipicamente italiana, che fa parte della tradizione italiana, così come candidarsi in più collegi elettorali contemporaneamente. Non credo esista in altri paesi e non ricordo altri casi”, riferisce a LaPresse un alto funzionario del Parlamento europeo. Carlo Calenda, che nei giorni scorsi ha rivolto un appello agli altri leader per fare un patto di non candidatura, coglie la palla al balzo: “Condivido le parole di Prodi contro le candidature di bandiera dei segretari di partito alle elezioni europee. Su questa linea ci sono già anche Tajani, Conte e Salvini – ricorda sui social – Non dovrebbe essere dunque difficile fare un accordo complessivo e iniziare la campagna per le europee con il piede giusto”. In realtà, però, oltre a Schlein, anche Meloni sarebbe pronta a correre, nonostante i malumori all’interno del centrodestra. Matteo Salvini ha già detto che non intende candidarsi e Antonio Tajani, pur aspettando il congresso di FI resta freddo all’idea di scendere in campo da vicepremier e ministro degli Esteri.

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