La premier parla del ruolo dell'Italia nell'Ue, in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre: "Posizione credibile grazie al governo e a Giorgetti"

Giorgia Meloni alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre. “Grazie all’impegno di tutto il governo, e del ministro Fitto in particolare, abbiamo registrato risultati straordinari sulla rimodulazione e sull’attuazione del Pnrr, che oggi ci vengono riconosciuti dalla Commissione europea, dal Consiglio e da tutti gli analisti economici” ha detto la presidente del Consiglio. “Ricordo ancora quando, nei mesi della campagna elettorale, la nostra annunciata volontà di intervenire per revisionare un Piano nato in un quadro economico e geopolitico completamente diverso da quello attuale veniva derisa, derubricata ad annuncio velleitario o addirittura bollata come una scelta irresponsabile che avrebbe portato l’Italia con un piede fuori dall’Europa, messo a rischio la nostra credibilità internazionale e i nostri conti pubblici. Con tenacia e perseveranza abbiamo dimostrato che si poteva fare e che anzi si doveva fare ed è stato fatto”, ha aggiunto.

Sul Pnrr: “Revisione si accompagna a 7 nuove riforme”

“La revisione del Pnrr non è solo investimenti ma è anche sette nuove riforme” dice ancora Meloni, “che vanno dal testo unico sulle rinnovabili alla riforma della politica di coesione. Un lavoro davvero straordinario per il quale devo ringraziare tutto il governo che libera risorse significative per interventi strutturali e per misure dedicate alla crescita”. 

Meloni su Patto stabilità: “Partita ancora aperta”

Se nonostante una trattativa difficilissima la partita è ancora aperta, se l’accordo finale è stato posticipato – auspicabilmente – a una nuova riunione dell’Ecofin da convocarsi nei giorni successivi al Consiglio europeo con il mandato di chiudere entro l’anno, è perché a Bruxelles tutti riconoscono che la posizione del governo italiano è sostenuta da una politica di bilancio seria che anche oggi voglio rivendicare. Perché l’Italia, a dispetto del racconto che spesso si fa, è una Nazione virtuosa” ha detto ancora Meloni a proposito del patto di stabilità. “Lo testimonia innanzitutto – ha aggiunto – l’avanzo primario che, fatta eccezione per il periodo Covid e post Covid, ha quasi costantemente registrato un incremento dai primi anni ’90 ad oggi. E dal 2024 noitorneremo di nuovo in avanzo primario. Lo testimonia anche il nostro sistema pensionistico, che è comunque tra i più equilibrati d’Europa. E lo testimoniano le misure adottate da questo governo: negli ultimi mesi noi siamo intervenuti per ridurre le spese improduttive, abbiamo avviato un’azione di razionalizzazione della spesa che riguarda il settore pubblico, abbiamo dato vita a un piano di privatizzazioni che, però, sia chiaro, con questo governo non diventeranno mai delle svendite. Il tutto accompagnato da dati macroeconomici stabili e soddisfacenti, da un mercato del lavoro che sta facendo registrare risultati record sul fronte dell’occupazione, e particolarmente sul fronte dell’occupazione stabile, da una Borsa che nel 2023 sta facendo registrare la migliore performance d’Europa, da un spread sotto controllo, da agenzie di rating – notoriamente poco accomodanti – che danno fiducia all’economia italiana”. 

La premier ha poi aggiunto: “Non possiamo non esprimere la soddisfazione per il fatto che, secondo l’ultima bozza di accordo, la traiettoria di aggiustamento del rapporto deficit/PIL (attualmente prevista allo 0,5% annuo) dovrà tenere conto nel triennio 2025-2027 degli interessi maturati sul debito contratto per gli investimenti effettuati sulla doppia transizione verde, sulla transazione digitale – e sulla difesa. È un riconoscimento importante riconoscimento non soltanto pratico, che ci consentirà di alleggerire l’impatto della traiettoria di riduzione del deficit rispetto alle manovre di bilancio dei prossimi anni, ma è anche un grande riconoscimento di principio. Grazie all’Italia si afferma un principio di coerenza tra le politiche dell’Unione e le regole di bilancio che devono consentire all’Unione di attuare quelle politiche”.

La premier: “Superbonus pesa come un macigno”

Meloni parla anche del tema tornato in auge in giornata con lo strappo di Forza Italia e lo stop del Mef: “L’Italia, al netto della misura del Superbonus che purtroppo pesa come un macigno sui nostri conti pubblici, è una nazione virtuosa che si presenta con le carte in regola, che non chiede una modifica delle regole per poter spendere senza freni o per sperare risorse senza controllo, ma perché è consapevole di un contesto nel quale l’Unione si trova ad operare che è ancora da considerarsi eccezionale e necessita di una governance adeguata a quel contesto eccezionale”. 

Meloni sull’Ue: “Italia credibile grazie a Giorgetti”

La presidente del Consiglio ha parlato anche del ruolo dell’Italia nell’Ue: “Voglio dire che, a dispetto di alcuni semplificazioni che ho letto e che spesso alimentano una contrapposizione tra i cosiddetti Paesi virtuosi e quelli diciamo così spreconi, tra frugali e spendaccioni, oggi la posizione negoziale dell’Italia parte da una base di credibilità e da una serietà che sono riconosciute alla nostra nazione grazie al lavoro di questo governo e in particolare grazie al lavoro del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti”. 

Negoziati con l’Ue per l’adesione dell’Ucraina

“Quello che si apre giovedì sarà un Consiglio Europeo rilevante perché i Capi di Stato e di Governo saranno chiamati ad assumere decisioni di forte valenza geopolitica per l’Europa di oggi e di domani. Partirei quindi dal tema dell’allargamento che, come sapete, io amo piuttosto definire ‘riunificazione’ di tutti quei popoli e di quelle Nazioni che si riconoscono nei valori e nell’identità del nostro continente. Sulla base delle raccomandazioni della Commissione ci dovremo esprimere sull’apertura dei negoziati di adesione con Ucraina, Moldova e Bosnia Erzegovina e sulla concessione dello status di Paese candidato alla Georgia” ha detto Meloni. “Il Governo – ha spiegato – sostiene con convinzione la raccomandazione della Commissione europea di aprire i negoziati per l’adesione con Ucraina e Moldova, due nazioni europee pesantemente colpite dall’ingiustificabile guerra scatenata dalla Russia e da minacce di lunga data alla propria integrità territoriale.Per entrambi i Paesi rimangono alcune misure da attuare prima dell’effettiva apertura dei negoziati su cui la Commissione riferirà in merito entro il prossimo marzo”. “Condividiamo, allo stesso modo, la raccomandazione della Commissione di concedere lo status di candidato alla Georgia. Anche in questo caso la Commissione Europea ha indicato le rimanenti misure da adottare e sono convinta che da parte georgiana si proseguirà sul cammino delle riforme con lo stesso impegno sinora dimostrato”, ha aggiunto Meloni. 

Sul Mes Meloni attacca Conte

“E’ vero che l’Italia si è impegnata sulla modifica del trattato, si è impegnata con altri 18 paesi che partecipano al Mes, gli altri 18 paesi poi sono passati dal Parlamento e hanno ratificato la modifica del trattato e noi questo passaggio parlamentare non lo abbiamo ancora fatto. Qui però mi si è accesa una lampadina e mi sono chiesta: quando l’Italia ha detto sì alla modifica di questo trattato? Io ricordo che sulla materia del Mes nella scorsa legislatura ci fu un unico mandato parlamentare, era il 2019 e impegnava l’allora governo Conte a non ratificare la modifica del trattato, a non dare l’assenso alla modifica del trattato” ha detto Meloni. “Dopodiché – aggiunge – ricordo anche una memorabile conferenza stampa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di quelle convocate durante la pandemia a reti unificate per far scoprire agli italiani quali erano i loro diritti, e ricordo che Conte in quell’occasione a chi lo accusava di aver dato l’assenso italiano rispondeva orgoglioso che ‘questo governo non lavora con il favore delle tenebre, noi guardiamo in faccia gli italiani’. Conte in quell’occasione ribadiva che di questo tema parleremo con il Parlamento. E allora come sono andate le cose? Chi ha dato l’assenso italiano a una ratifica a livello di governo che oggi purtroppo impegna anche noi, e ci mette in una condizione difficile perché abbiamo dato un assenso e non stiamo andando avanti?”. “Lo ha fatto il governo Conte, senza mandato parlamentare, e lo ha fatto un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solamente per gli affari correnti, dando mandato ad un ambasciatore, mandato firmato dall’allora ministro degli Esteri del M5s Luigi Di Maio, senza un mandato parlamentare, senza che ne avesse il potere, senza dirlo agli italiani, e con il favore delle tenebre. Allora forse oggi bisogna guardare in faccia gli italiani e spiegargli come sono andate le cose”, conclude la premier.

La quesitone legata al Mes “a mio avviso va affrontata avendo chiaro l’intero quadro d’insieme, penso che chi anche tra coloro che sono favorevoli alla ratifica, all’utilizzo addirittura da parte dell’Italia del Mes, e non sarà mai questa la mia posizione, e propone oggi al Parlamento di ratificare la riforma del trattato in realtà non sta facendo in questo contesto un favore all’Italia. Io continuo a ritenere che il mandato ricevuto dal Parlamento a non aprire questa questione prima della definizione delle regole della governance sia l’approccio corretto, e in ogni caso intendo seguire la volontà del Parlamento”. 

L’affondo a Draghi: “Politica estera non è farsi selfie con Francia e Germania”

Giorgia Meloni ha parlato, nella replica alla Camera, anche di politica estera: “Io penso che la politica sia soprattutto saper dialogare con tutti e penso che questo sia anche il modo per dare all’Italia un ruolo da protagonista. Mi ha molto colpito che si sia fatto riferimento al grande gesto da statista del mio predecessore Mario Draghi per il fatto che c’era una foto in treno verso Kiev con Scholz e Macron. Mi è chiaro che per alcuni la politica estera sia stata banalmente farsi fare delle fotografie con Francia e Germania anche quando a casa non si portava niente” ha detto la premier. “Io penso che la politica estera non sia fatta di fotografie – aggiunge – penso che l’Europa non sia a tre, penso che l’Europa sia a 27, penso che si debba riuscire a parlare con tutti i 27 membri dell’Ue, come io riesco a parlare con la Germania, con la Francia, e pure con l’Ungheria perché credo di fare bene così il mio mestiere”. 

Poi però Meloni dichiara che l’attacco non era per Draghi ma per il PD: “Non è un attacco a Draghi ma al Partito democratico che come al solito pensa che tutto il lavoro che il presidente del Consiglio Draghi ha fatto si riassuma nella fotografia con Francia e Germania. Non è la foto con Macron e Scholz che determina il lavoro di Draghi. Lui non c’entra niente, anzi ho rispettato la sua fermezza di fronte alle difficoltà che aveva nella sua maggioranza. Il suo lavoro non si può risolvere in una fotografia accanto ai leader di Parigi e Berlino”, ha detto.

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