I Paesi hanno scritto in una dichiarazione congiunta di essere "profondamente preoccupati" per le "implicazioni delle nuove misure"

In occasione del Consiglio Affari generali di oggi, 17 Paesi Ue coordinati dai Paesi Bassi, hanno rilasciato una dichiarazione contro la compressione dei diritti per le persone LGBTIQ+ in Ungheria e il divieto del Pride di Budapest. Tra i firmatari non c’è l’Italia, mentre figurano: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia. Salgono a 20, con l’aggiunta di Grecia, Cipro e Malta, gli Stati Ue ad avere firmato la dichiarazione contro la compressione dei diritti per le persone LGBTIQ+ in Ungheria e il divieto del Pride di Budapest. 

“Siamo profondamente preoccupati per i recenti emendamenti legislativi e costituzionali che violano i diritti fondamentali delle persone LGBTIQ+, adottati dal Parlamento ungherese il 18 marzo e il 14 aprile 2025 a seguito di altre normative anti-LGBTIQ+ già introdotte negli anni precedenti – si legge nella missiva -. Con il pretesto della protezione dei minori, questi emendamenti legislativi consentono di imporre multe ai partecipanti e agli organizzatori di eventi, come le celebrazioni annuali del Pride. Gli emendamenti consentono inoltre l’utilizzo di software di riconoscimento facciale in tali eventi e il divieto di tali eventi. Siamo preoccupati per le implicazioni di queste misure sulla libertà di espressione, sul diritto di riunione pacifica e sul diritto alla privacy”.

“Siamo profondamente allarmati da questi sviluppi che sono contrari ai valori fondamentali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani, come stabilito dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea – proseguono -. Rispettare e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali di tutte le persone, comprese le persone LGBTIQ+, è insito nell’essere parte della famiglia europea. Questa è la nostra responsabilità e l’impegno condiviso degli Stati membri e delle istituzioni europee”.

“Invitiamo pertanto l’Ungheria a rivedere queste misure, per garantire che i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i suoi cittadini siano rispettati e protetti, rispettando così i suoi obblighi internazionali”.”Condividiamo la preoccupazione espressa dalla Commissione europea al riguardo e invitiamo la Commissione a utilizzare rapidamente e appieno gli strumenti dello Stato di diritto a sua disposizione nel caso in cui queste misure non vengano riviste di conseguenza”, concludono i 17.

Renew Europa: “Gravissima assenza Italia”

“La messa al bando del Pride a Budapest è una violazione gravissima dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto. È inaccettabile che un governo dell’Unione usi pretesti costituzionali per reprimere la libertà di espressione e schedare i cittadini con il riconoscimento facciale. Bene hanno fatto, dunque, i diciassette Paesi Ue firmatari della lettera a denunciare l’Ungheria e a chiedere un intervento deciso della Commissione. È ora di applicare con fermezza il principio che deve guidare l’Europa: niente fondi UE a chi non rispetta i valori UE”. Lo afferma Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo.

“Grave e incomprensibile è invece l’assenza dell’Italia tra i firmatari: difendere diritti e libertà non è un optional, è il cuore del progetto europeo. Un Paese fondatore come l’Italia dovrebbe stare in prima fila, non tra quelli che voltano le spalle alla difesa dei diritti e delle libertà”, conclude. 

Ue: “Sul divieto dei Pride non escludiamo nessuna linea di azione per rispetto diritti”

“In relazione alla legge che potrebbe portare al divieto di determinati raduni, tra cui il Pride, sono in gioco diverse questioni molto importanti. Una è il rispetto della Carta dei diritti fondamentali, che abbiamo nell’Unione europea negli ultimi 25 anni e, in questo caso, in particolare, il diritto alla libertà di riunione, la libertà di riunirsi pacificamente. È un diritto fondamentale. Inoltre, nutriamo serie preoccupazioni in merito al proposto utilizzo della tecnologia di riconoscimento facciale basata sull’intelligenza artificiale. Pertanto, stiamo continuando a esaminare la legislazione in questione. Non abbiamo ancora preso una decisione definitiva, ma non escludiamo alcuna linea d’azione al momento”. Lo dice il commissario europeo alla Giustizia, Michael McGrath, in conferenza stampa dopo il Consiglio Affari generali Ue.

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