Netanyahu: "Accordo su ostaggi non significa che si eviti l'attacco a Rafah"

IN AGGIORNAMENTO. La guerra in Medioriente tra Israele e Hamas giunge al giorno 208. Il primo ministro israeliano Netanyahu dichiara che “noi entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale”. Gli Stati Uniti però si oppongono: “La nostra posizione è sempre la stessa: non vogliamo un’operazione di terra a Rafah”, ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza americana, John Kirby.

Hamas: “Risposta su accordo probabilmente domani”

I leader di Hamas stanno studiando la proposta di cessate il fuoco a Gaza avanzata dai mediatori egiziani e sperano di rispondere entro giovedì. È quanto riferisce Hamas in una dichiarazione inviata oggi ad Associated Press. L’attuale round di colloqui per una tregua fra Israele e Hamas sembra essere serio, ma le parti rimangono distanti su una questione chiave: se la guerra debba terminare o meno nell’ambito dell’accordo. “Molto probabilmente domani, giovedì, a Dio piacendo i mediatori riceveranno una risposta”, recita la dichiarazione di Hamas.

Ribadendo le loro posizioni di fondo, i vertici di Hamas hanno detto che stanno lavorando a una risposta alla proposta che porti alla fine delle operazioni militari di Israele nella Striscia di Gaza, alla consegna degli aiuti umanitari tanto necessari e all’inizio della ricostruzione del territorio devastato, nonché alla liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas in cambio di prigionieri palestinesi. Secondo un funzionario egiziano che ha familiarità con il piano, Israele ha offerto un’interruzione prolungata dei combattimenti e il ritiro delle truppe dalla Striscia, tuttavia il premier israeliano Benjamin Netanyahu nei colloqui avuti oggi con il segretario di Stato americano Antony Blinken ha ribadito la sua determinazione ad attaccare Rafah

Secondo i dettagli della proposta al vaglio di Hamas filtrati sul giornale libanese Al-Akhbar vicino a Hamas e al gruppo libanese Hezbollah, questa prevedrebbe un un ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza in cambio di un previsto rilascio di ostaggi. La proposta, confermata poi oggi da un funzionario egiziano e da un funzionario di Hamas, prevederebbe che durante la prima settimana di una fase iniziale di 40 giorni dell’accordo Hamas rilascerebbe ostaggi civili donne in cambio di prigionieri palestinesi. Dopo questa prima fase, le truppe israeliane si ritirerebbero da una strada costiera e si dirigerebbero verso est per facilitare l’ingresso degli aiuti umanitari e consentire il ritorno di civili sfollati alle loro case nel nord di Gaza; durante questo periodo Hamas fornirebbe anche una lista di ostaggi ancora vivi. Entro la terza settimana, poi, entrambe le parti dovrebbero avviare negoziati indiretti volti a ripristinare la calma permanente e, dopo 3 settimane dalla prima fase, le truppe israeliane si ritirerebbero dal centro di Gaza. La seconda fase prevista nell’accordo, della durata di 6 settimane, finalizzerebbe gli accordi per una calma permanente, vedrebbe il rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti, sia civili che soldati, detenuti da Hamas, in cambio di altri prigionieri palestinesi; gli ostaggi militari non verrebbero invece rilasciati prima dell’inizio della calma. La terza e ultima fase comprenderebbe il rilascio dei corpi degli ostaggi detenuti a Gaza, di altri prigionieri detenuti da Israele e l’avvio di un piano di ricostruzione quinquennale. Il piano prevede che Hamas accetti di non ricostruire il suo arsenale militare

Colombia annuncia rottura relazioni diplomatiche con Israele

Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche del suo Paese con Israele a partire dal 2 maggio, a causa della guerra nella Striscia di Gaza. L’annuncio è giunto in un discorso durante la manifestazione del primo maggio a Bogotà. “Forse tutti gli slogan, tutti quei colori potrebbero essere riassunti in una sola parola che rivendica la necessità della ribellione, della bandiera alzata e della resistenza, e questa parola si chiama Gaza, si chiama Palestina. Qui, davanti a voi, il ‘Governo del Cambiamento’, il presidente della Repubblica, informa che domani le relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele saranno interrotte perché ha un governo, un presidente, genocida“, ha dichiarato il presidente colombiano.

Se la Palestina muore, muore l’umanità e noi non la lasceremo morire”, ha affermato Petro. Lo scorso 26 marzo su X il presidente della Colombia aveva annunciato che se Israele non si fosse attenuto alla risoluzione dell’Onu per un cessate il fuoco avrebbe rotto le relazioni diplomatiche con Israele.

Gallant: “Impegno per ostaggi ma pronti per Rafah”

Israele è “impegnato per il ritorno degli ostaggi ed è pronto a svolgere qualsiasi missione nell’area di Rafah“. Lo ha detto il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, che ha incontrato il segretario di Stato Usa Antony Blinken nell’ambito della visita di quest’ultimo in Israele. Lo riporta il Times of Israel. “Siamo determinati a intraprendere qualsiasi azione per riportare i nostri ostaggi a casa loro, è corretto eticamente, è corretto moralmente, e questo è un obiettivo di guerra dichiarato”, ha dichiarato Gallant in una dichiarazione video. “Allo stesso tempo, l’Idf, in base alle istruzioni che ho dato… è pronta a svolgere qualsiasi missione operativa nell’area di Rafah“, ha aggiunto.

Israele riapre valico di Erez per camion aiuti a Gaza

Israele ha riaperto il valico di frontiera di Erez con il nord di Gaza per consentire un aumento degli aiuti umanitari nel nord della Striscia. Si tratta della prima volta che viene aperto da quando è stato danneggiato il 7 ottobre e la riapertura giunge dopo forti pressioni degli Stati Uniti per aumentare le consegne di aiuti. Il valico di Erez, che collega direttamente il nord di Gaza, è stato riaperto per la prima volta durante una visita in Israele del segretario di Stato americano Anthony Blinken. Le organizzazioni umanitarie internazionali hanno denunciato un disastro umanitario diffuso a Gaza, avvertendo che centinaia di migliaia di persone rischiano la carestia nel nord del territorio assediato.

“Questo è il primo giorno in cui abbiamo riaperto il valico di Erez per una rotta robusta e continua per l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza”, ha dichiarato il colonnello Moshe Tetro, un alto funzionario del Cogat, l’agenzia militare israeliana per gli affari civili palestinesi, aggiungendo che si aspetta che il valico sia operativo tutti i giorni. Prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, Erez fungeva da valico per i passeggeri palestinesi, tra cui pazienti medici, lavoratori e viaggiatori, che entravano e uscivano da Gaza. Il valico ha subìto pesanti danni durante l’attacco e da allora è stato chiuso.

Precedentemente Israele aveva permesso agli aiuti di entrare a Gaza attraverso i valichi di terra vicino al confine egiziano e aveva limitato il passaggio degli aiuti attraverso i valichi temporanei nel nord di Gaza. Ma le organizzazioni umanitarie hanno avuto difficoltà a distribuire gli aiuti nel nord di Gaza, dove la situazione umanitaria è più grave. Secondo quanto riferito, la consegna è stata bloccata per almeno due ore da dimostranti israeliani che hanno bloccato un convoglio dopo che era entrato in Cisgiordania dalla vicina Giordania, diretto a Gaza. Il ministero degli Esteri giordano ha condannato “con la massima fermezza” la violenza degli estremisti israeliani e ha accusato il governo israeliano di non aver protetto i convogli.

Turchia si unisce a causa Sudafrica contro Israele all’Aia

La Turchia ha deciso di aderire formalmente alla causa legale per genocidio intentata dal Sudafrica contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia, con sede all’Aia. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan. Parlando ad Ankara in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo indonesiano, Retno Marsudi, Fidan ha detto che la Turchia presenterà una richiesta ufficiale di intervento nella causa contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia dopo aver completato le procedure. Non ha fornito una tempistica. “Speriamo che con questo passo il procedimento presso la Corte internazionale di giustizia si muova nella giusta direzione“, ha detto Fidan.

Il Sudafrica ha presentato una denuncia alla Corte internazionale di giustizia accusando Israele di aver violato la Convenzione Onu sul genocidio con la sua offensiva militare contro Hamas. Israele nega fermamente che la sua campagna militare a Gaza sia una violazione della Convenzione sul genocidio. La Turchia è tra i più forti critici delle azioni militari di Israele a Gaza. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha definito le azioni di Israele crimini di guerra e genocidio, affermando che il gruppo militante Hamas, considerato un’organizzazione terroristica da Israele, Stati Uniti e Unione europea, sta combattendo per la liberazione delle sue terre e del suo popolo.

Hamas chiede di chiarire termini proposta accordo

Hamas ha chiesto ai mediatori di Egitto e Qatar di fare chiarezza sui termini dell’ultima proposta di cessate il fuoco discussa nell’ambito dei negoziati con Israele. Lo riferisce un funzionario egiziano che ha stretti legami con i negoziati e ha parlato a condizione di mantenere l’anonimato, precisando che Hamas vuole termini chiari per il ritorno incondizionato degli sfollati nel nord di Gaza e per garantire che la seconda fase dell’accordo includa il fatto di discutere del ritiro graduale e completo di tutti i soldati israeliani dall’intera Striscia di Gaza. Secondo la fonte, l’accordo attuale non spiega completamente chi sarà autorizzato a tornare nel nord della Striscia e come questo verrà deciso. Non è chiaro se la richiesta di chiarezza da parte di Hamas possa ritardare i progressi per un accordo. Fonti israeliane avevano fatto sapere che una risposta di Hamas all’ultima proposta sul tavolo era attesa per stasera

 L’accordo che si sta delineando prevede il rilascio di 33 ostaggi civili e malati detenuti dai militanti in cambio della cessazione dei combattimenti e la liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane. Israele e Hamas sono molto distanti sulla questione chiave della fine della guerra come parte di una fase successiva dell’accordo. Secondo quanto riferito da un funzionario egiziano e dai media israeliani, l’accordo attualmente in discussione – che ha visto la mediazione di Stati Uniti, Egitto e Qatar – prevederebbe in una prima fase il rilascio di decine di ostaggi in cambio di una sospensione dei combattimenti di 6 settimane. Verrebbero rilasciati anche centinaia di prigionieri palestinesi detenuti da Israele, tra cui alcuni che stanno scontando lunghe pene. Ma rimane un punto di stallo su ciò che accadrà in seguito: Hamas ha chiesto garanzie sul fatto che l’eventuale rilascio di tutti gli ostaggi porterà alla fine completa dell’assalto di Israele a Gaza, che va avanti da quasi 7 mesi, e al ritiro delle sue truppe dall’enclave devastata; Israele dal canto suo ha offerto solo una pausa prolungata, promettendo che riprenderà l’offensiva una volta terminata la prima fase dell’accordo.

Blinken: “Imperativo aumento aiuti a civili Gaza”

A Gerusalemme ho incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sugli sforzi per raggiungere un accordo di cessate il fuoco con il rilascio degli ostaggi e sull’imperativo di sostenere l’aumento degli aiuti ai civili in tutta Gaza“. Lo scrive su X il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, allegando una foto dell’incontro con Netanyahu. Blinken si trova alla settima missione diplomatica in Medioriente dall’inizio della guerra a Gaza e prima del meeting con Netanyahu aveva incontrato il presidente israeliano Isaac Herzog. “Ho incontrato il presidente Isaac Herzog a Tel Aviv per discutere del nostro sostegno alla sicurezza di Israele e degli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco che garantisca il rilascio degli ostaggi. Abbiamo anche discusso dell’urgente necessità di far arrivare più aiuti umanitari a Gaza”, ha scritto Blinken in un altro post su X.

Netanyahu a Blinken: “Accordo non significa che si evita attacco Rafah”

Un accordo sugli ostaggi con Hamas non significa che un’invasione di Rafah sarà evitata. È quanto il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto al segretario di Stato Usa Antony Blinken nel loro incontro oggi a Gerusalemme, secondo quanto ha dichiarato l’ufficio di Netanyahu al Times of Israel. “L’operazione di Rafah non dipende da nulla“, ha dichiarato l’ufficio di Netanyahu, sottolineando che “il primo ministro ha chiarito questo punto al segretario Blinken“.

Netanyahu a Blinken, no ad accordo che includa fine guerra

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, nel corso dell’incontro avuto oggi a Gerusalemme con il segretario di Stato americano Antony Blinken, gli ha detto che non accetterà la fine della guerra a Gaza come parte di un potenziale accordo sugli ostaggi. Lo ha riferito un funzionario israeliano al Times of Israel. “Ha detto a Blinken che siamo interessati a raggiungere un accordo e che siamo determinati a rovesciare Hamas”, ha detto il funzionario. Israele ha trasmesso la sua ultima offerta a Hamas attraverso i mediatori egiziani alla fine della scorsa settimana e si aspetta una risposta stasera, ha confermato un funzionario israeliano al Times of Israel. 

Blinken incontra Netanyahu, ribadita posizione Usa su Rafah

Si è concluso a Gerusalemme l’incontro fra il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. I due hanno discusso degli sforzi per un cessate il fuoco e, secondo quanto riferito dal portavoce del dipartimento di Stato Usa Matthew Miller, Blinken ha ribadito la posizione Usa su Rafah. Il segretario di Stato Usa ha anche parlato del “miglioramento” nelle consegne degli aiuti a Gaza nell’ultimo mese e ha chiesto a Netanyahu intensificarle, ha detto Miller. Precedentemente il capo della diplomazia Usa, alla sua settima missione in Medioriente dall’inizio della guerra a Gaza, aveva incontrato il presidente israeliano Isaac Herzog e le famiglie dei cittadini statunitensi nelle mani di Hamas. Secondo il dipartimento di Stato, Blinken visiterà anche un porto israeliano da cui entrano gli aiuti per Gaza. 

Blinken:”Determinati su cessate il fuoco, ora è il momento”

Siamo determinati a ottenere un cessate il fuoco che riporti a casa gli ostaggi e a ottenerlo ora, e l’unica ragione per cui ciò non verrà raggiunto è a causa di Hamas. C’è una proposta sul tavolo e, come abbiamo detto, non ci sono ritardi né scuse. Il momento è adesso”. Lo ha detto il segretario di Stato Usa Antony Blinken al cerimoniale con il presidente israeliano Isaac Herzog in un incontro a Tel Aviv.Blinken è alla sua settima visita nella regione da quando è scoppiata la guerra il 7 ottobre, nel tentativo di garantire un accordo ancora non concretizzato tra Israele e Hamas che potrebbe evitare un’incursione israeliana nella città di Rafah, nel sud di Gaza, dove si sono rifugiati centinaia di migliaia di palestinesi. Blinken ha affermato che l’accordo consentirebbe anche l’arrivo di cibo, medicine e acqua a Gaza, dove la guerra ha scatenato una crisi umanitaria e costretto alla fuga gran parte della popolazione.

Blinken a famiglie ostaggi: “Riportarli a casa è al centro di tutto”

Riportare a casa gli ostaggi, rapiti da Hamas il 7 ottobre “è al centro di tutto quello che stiamo cercando di fare“. Lo ha detto il Segretario di Stato Usa Antony Blinken rivolgendosi ad alcuni familiari degli ostaggi che si sono radunati davanti a un hotel di Tel Aviv. I manifestanti hanno scandito diversi slogan tra cui “Sos Usa, solo tu puoi salvare la situazione” e “Abbiamo fiducia in Blinken, riportateli a casa da noi”. Il segretario di Stato si è fermato brevemente a salutarli, assicurando che la loro liberazione “è il cuore” di tutte le operazioni Usa.

Blinken è nella regione per cercare di spingere Israele e Hamas ad accettare un accordo sul cessate il fuoco che potrebbe mettere una pausa nella guerra che dura da quasi sette mesi e liberare alcuni degli ostaggi rimasti. Un accordo di cui si sta parlando vedrebbe il rilascio di 33 ostaggi in una prima fase della durata di sei settimane, in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi. 

Aerei israeliani colpiscono obiettivi Hezbollah nel sud Libano

Nella notte, aerei da combattimento dell’IAF hanno colpito obiettivi terroristici di Hezbollah nelle aree di Khiam e Kfarkela nel sud del Libano, compresi posti di osservazione e infrastrutture terroristiche. Lo rendono noto le Forze di difesa israeliane. L’IDF ha colpito le infrastrutture terroristiche di Hezbollah e una struttura militare nell’area di Blida, nel sud del Libano, nonché infrastrutture terroristiche e posti di osservazione nelle aree di Odaisseh e Meiss El Jabal. 

Casa Bianca valuta ingresso palestinesi come rifugiati 

L’amministrazione Biden sta valutando la possibilità di portare da Gaza alcuni palestinesi negli Stati Uniti come rifugiati. Lo riferisce Cbs News, citando documenti che dimostrano come nelle ultime settimane alti funzionari di diverse agenzie federali statunitensi hanno discusso la praticità di diverse opzioni per reinsediare da Gaza i palestinesi che hanno tra i familiari prossimi cittadini americani o residenti permanenti. Una di queste proposte prevede l’utilizzo del decennale Programma di ammissione dei rifugiati degli Stati Uniti per accogliere i palestinesi con legami con gli Usa che sono riusciti a fuggire da Gaza ed entrare nel vicino Egitto. I documenti mostrano che i funzionari statunitensi hanno anche discusso di far uscire altri palestinesi da Gaza e di considerarli come rifugiati se hanno parenti americani. I piani richiederebbero il coordinamento con l’Egitto.

Usa: “Non vogliamo operazione di terra a Rafah”

“Non vogliamo vedere una grande” operazione di terra a “Rafah che metterebbe a rischio la vita di più di un milione di persone“. Lo ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby. Lo riporta Al Jazeera. Parlando dei negoziati in corso, Kirby ha sottolineato che “non ci possono essere dubbi sulla serietà degli israeliani nel negoziare la nuova proposta di accordo sugli ostaggi”. 

Netanyahu promette invasione Rafah ‘con o senza accordo’ 

Israele entrerà a Rafah per distruggere i battaglioni di Hamas “con o senza un accordo”. Lo ha detto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, impegnandosi a lanciare l’incursione nella città nel sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto. Il riferimento è all’accordo che Israele e Hamas stanno negoziando per raggiungere un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani nella Striscia.

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