Il ministro degli Esteri Andrea Tajani segue la vicenda: il figlio degli altri due dispersi ha raccontato ad Associated Press dello stato di salute del padre

C’è un terzo cittadino italo-israeliano che manca all’appello dopo l’attacco effettuato da Hamas sabato scorso. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Si tratta di Nir Forti. Il titolare della Farnesina ha fatto sapere che la notizia è arrivata al ministero su segnalazione dei genitori. “Ho parlato con la famiglia e ho garantito loro la massima assistenza”, ha rimarcato.

Forti, secondo quanto appreso da LaPresse da fonti qualificate, si trovava al rave di Reim, nel sud di Israele, non lontano dalla Striscia di Gaza, attaccato dall’organizzazione militare palestinese. Forti si va ad aggiungere ai coniugi Eviatar Moshe Kipnis e Lilach Lea Havron che, presumibilmente, si trovano nelle mani di Hamas nella Striscia di Gaza. Anche in questo caso il ministro degli Esteri si è messo personalmente in contatto con i parenti. Tajani ha chiamato Nadav Kipnis, figlio della coppia, appena atterrato in Egitto, dove si è recato in missione. “Faremo tutto il possibile per riportarli a casa”. In un’intervista che ha concesso l’Associated Press, il giovane ha espresso i timori per lo stato di salute del padre, che ha una malattia autoimmune e utilizza una sedia a rotelle. “Non sappiamo se stia ricevendo i trattamenti necessari per la sua sopravvivenza”, ha spiegato, esprimendo la convinzione che i suoi genitori siano ancora vivi. 

La situazione in Medioriente, a partire dalla questione degli ostaggi, è stata affrontata da Tajani con il segretario della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, e con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. A entrambi Tajani ha chiesto “come priorità assoluta” quella di salvare la vita degli ostaggi, “soprattutto donne, bambini e anziani”, che sono nelle mani di Hamas, trovando disponibilità al riguardo. La speranza è che, tramite la mediazione egiziana, si possa arrivare alla creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione dei prigionieri. Un’ipotesi che Hamas al momento non prende in considerazione, ma – stando a quanto riportato da Al Arabiya – il Cairo avrebbe strappato l’impegno a “non maltrattare ostaggi stranieri o con doppia nazionalità”. L’Egitto, secondo le stesse fonti, avrebbe “preso in carico” la gestione del dossier come interlocutore dell’organizzazione militare palestinese. Tajani e Al-Sisi si sono trovati in sintonia sulla necessità di “impedire un’escalation della situazione”, a partire da un eventuale “coinvolgimento di Hezbollah nella crisi provocata da Hamas”. Il ministro degli Esteri ha ribadito come l’Egitto sia un Paese arabo “fondamentale per la stabilità e la pace in Medioriente”. Nel suo colloquio con il presidente egiziano, il titolare della Farnesina ha ribadito “la condanna” del governo italiano “nei confronti degli atti terroristici di Hamas”, sottolineando che anche i vertici egiziani hanno espresso “parole severe” contro il terrorismo. Un appello all’intera comunità internazionale per sostenere un percorso che possa portare al raggiungimento di una tregua e all’apertura di negoziati è stato effettuato anche dallo stesso Al-Sisi, che ha “messo in guardia dalle pericolose conseguenze umanitarie del conflitto a Gaza”, invitando le parti in causa a “fermare lo spargimento di sangue e proteggere i civili”. Nel corso dei colloqui al Cairo è stato trattato anche il tema dei migranti. A tal proposito Italia ed Egitto, in una dichiarazione congiunta, hanno confermato la “volontà comune” di combattere i trafficanti di esseri umani. Con il suo omologo Sameh Shoukry, il titolare della Farnesina ha affrontato anche il tema della migrazione regolare. L’industria e l’agricoltura dell’Italia, ha spiegato Tajani, “hanno bisogno di manodopera”, per questo “stiamo studiando forme di collaborazione con l’Egitto per la formazione di lavoratori. Ci sono iniziative in corso”. 

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