Il portavoce di Amnesty International Italia: "Il nostro compito è sollecitare tutte le parti al rispetto del diritto internazionale umanitario"

La storia si ripete con un tributo di vite civili che potrebbe essere ancora più pesante che nelle precedenti guerre”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, non sembra avere dubbi: quanto sta accadendo in Israele e nella Striscia di Gaza non solo si porterà dietro conseguenze sociali profonde, in termini di vittime ed estensione del conflitto, ma esporrà le popolazioni civili a sofferenze indicibili.

“Il nostro compito è quello di sollecitare tutte le parti al rispetto del diritto internazionale umanitario e astenersi da attacchi contro i civili – ha detto il portavoce a LaPresse, a margine di un evento organizzato dal Comune di Parma dedicato alla figura di Julian Assange (che lui ha definito un giornalista d’inchiesta che “ha fatto un grande servizio alla stampa internazionale, che si è nutrita delle sue informazioni, e poi è stato lasciato solo”) -. Sappiamo bene che quando vengono lanciati missili contro la città più popolata al mondo, da un punto di vista di densità abitativa, è impossibile che i civili vengano risparmiati e questo, naturalmente, unito all’orrore per le centinaia di civili israeliano assassinati, trucidati o presi in ostaggio, ci fa temere veramente una crisi di dimensioni spaventose”.

Noury: “Assedio totale a Gaza? No a punizione collettiva”

Il riferimento è quanto detto, solo poche ore fa, dal ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, che ha dichiarato di aver “ordinato l’assedio completo a Gaza” e ha detto: “Basta cibo, luce e benzina: stiamo combattendo animali umani e ci comporteremo di conseguenza”. “Il diritto internazionale definisce questa situazione una punizione collettiva, nella quale persone del tutto estranee ai combattimenti e alle ostilità, che hanno la sfortuna di essere nate o di vivere a Gaza, rischiano di pagare un prezzo altissimo – ha commentato Noury, a questo proposito -. Togliere a due milioni di persone forniture essenziali come elettricità o altro significa portarle a un livello di vita inaccettabile”.

Come ricordato dal portavoce di Amnesty, “quando si taglia la luce, al di là del fatto che poi gli ospedali non funzionano, non si possono curare i feriti, se non c’è la benzina le ambulanze non accorrono” è difficile ricevere i messaggi di avvertimento, via sms, mandati da Israele “quando sta per bombardare”: “Mi chiedo dove Israele consentirà che i telefoni si ricarichino per ricevere quegli avvisi e provare a salvarsi la vita”.

Esiste persino una “novità tragica” rispetto a questo conflitto, per Noury, perché se negli altri, sin dai primi giorni, si parlava di “sforzi negoziali”, qui il rischio è che la guerra si allarghi in uno scenario che si estende, su dimensione regionale. E a pagarne il prezzo maggiore, in futuro, sono le persone con maggiore vulnerabilità, come i bambini, che possono essere soli, gli anziani e le persone con disabilità, gli ultimi a potersi riparare.

Preoccupano molto le dichiarazioni di alcuni governi, anche europei, sul fatto che i fondi, i finanziamenti e gli aiuti sono bloccati, verranno rivisti e soppressi – ha proseguito -. Qui, il tema non è che si va a finanziare uno Stato o un’entità che commette crimini di guerra (il che è perfettamente vero, Hamas ha commesso crimini di guerra anche in questi giorni), ma si va a parlare e a incidere sulla salute, sull’istruzione e sulla vita di esseri umani. Quando finirà questo ennesimo, maledetto conflitto e si ricostruirà la domanda è con quali aiuti e con quali fondi”.

Israele è arrivato allo scoppio di questo conflitto al termine di un periodo in cui parte dei suoi cittadini hanno contrastato il suo esecutivo. “Il movimento di società civile israeliano che ha contestato il tentativo da parte del governo di annullare l’indipendenza del potere giudiziario è stato certamente importante, ma è come se si fosse trattato di una vicenda tra israeliani, nel senso che ha perso la grande occasione di poter porre il tema dei diritti dei palestinesi e quindi è stata un’occasione mancata – ha osservato ancora Noury -. È evidente che, in questi anni, la narrazione ufficiale, ma anche le politiche concrete dei vari governi israeliani hanno criminalizzato sempre di più i palestinesi, hanno ulteriormente ridotto il godimento dei loro diritti fondamentali attraverso nuovi insediamenti, attraverso l’impunità garantita ai coloni, ricorrendo alla forza mortale, uccidendo numeri record di manifestanti e su questo la comunità internazionale ha taciuto e ha perso l’occasione per cercare di creare de escalation e invece è stato un insieme di fattori che hanno provocato l’escalation. Ora stiamo vedendo le conseguenze”.

Noury, però, ha colto questa occasione per riflettere anche su quanto accaduto, in Iran, nove giorni fa, ad Armita Garawand, la 16enne iraniana che il 1° ottobre è svenuta in metropolitana e che, secondo vaie denunce, si sarebbe sentita male dopo essere stata colpita da un’addetta ai controlli sull’obbligo di indossare il velo: “Non sappiamo neanche se Armita Garawand sia ancora viva: sono passati, oggi, 9 giorni da quando è stata ricoverata in coma e ci sono tutta una serie di segnali preoccupanti: la manomissione e il rimontaggio delle immagini delle telecamere a circuito chiuso, l’arresto di una giornalista, poi l’arresto della mamma, nonostante fosse stata costretta a confermare la versione ufficiale, e per questo abbiamo sollecitato le autorità iraniane a consentire l’ingresso della missione delle Nazioni Unite di accertamento dei fatti sull’Iran, che è stata nominata alla fine del 2022, perché i suoi membri entrino in Iran e accertino che cosa è successo e quello che l’Iran vuole dirci”.

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