Kuleba: "Schiaffo alla comunità internazionale". Zelensky: "Un fallimento per l'istituzione"

 “Mi hanno arrestato”. Così il metropolita Pavel, guida del monastero Pechersk Lavra di Kiev, ha annunciato in un video di essere stato messo agli arresti domiciliari dai Servizi di sicurezza ucraini (Sbu). L’arresto è stato poi confermato dalle stesse autorità ucraine che, in mattinata, hanno perquisito l’abitazione dell’abate, accusato di collaborare con la Russia e di istigazione all’odio interreligioso. Pavel ha respinto le accuse, affermando che si tratta di una mossa politica.

L’abate è stato anche interrogato durante un’udienza preliminare, dove ha sostenuto di essere contro l’aggressione, senza però nominare la Russia. L’udienza è stata poi rinviata al 3 aprile, dopo che il metropolita ha accusato un lieve malore. La chiesa ortodossa di Mosca ha accusato il governo di Kiev dopo l’arresto del metropolita. “Ci vogliono distruggere”, ha affermato un rappresentante della chiesa russa.

La controversia del Monastero delle Grotte

Quello della perquisizione e degli arresti domiciliari del metropolita Pavel è solo l‘ultimo round della controversia intorno a Pechersk Lavra, anche noto come il Monastero delle Grotte di Kiev. La disputa è iniziata con la notifica alla Chiesa canonica ortodossa ucraina da parte del ministero della Cultura ucraino sulla risoluzione unilaterale del contratto di locazione del monastero. I monaci erano stati invitati a lasciare il monastero entro lo scorso 29 marzo. Il ministro della Cultura dell’Ucraina Oleksandr Tkachenko ha poi affermato che i monaci potevano restare, a condizione che si trasferissero nella Chiesa ortodossa scismatica dell’Ucraina. Ma il metropolita Pavel ha dichiarato che non ci potevano essere compromessi sul monastero, e che i monaci sarebbero rimasti.

Lo scontro Kiev-Mosca sulla presidenza del Consiglio di sicurezza Onu

Lo scontro tra Kiev e Mosca prosegue poi anche sul fronte internazionale. Il governo ucraino ha espresso il suo enorme risentimento dopo che la Russia ha assunto la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La presidenza russa costituisce uno “schiaffo in faccia alla comunità internazionale“, ha commentato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Per Andriy Yermak, capo dell’ufficio della presidenza ucraina, si tratta di un “colpo simbolico” all’ordine internazionale. Dal canto suo Mosca, per bocca del suo rappresentante permanente presso l’Onu Vasily Nebenzya, ha affermato che la Russia non può essere privata del diritto di presiedere il Consiglio di sicurezza dell’Onu e ha definito “assurde” le richieste in tal senso. “L’espulsione della Russia dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu è impossibile senza modificare la Carta delle Nazioni Unite”, ha detto Nebenzya all’agenzia Tass.

Intanto da Mosca, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato una nuova strategia di politica estera russa volta a ridurre il “dominio” occidentale e identificare Cina e India come partner chiave per il futuro. Nel documento, quelle nazioni che hanno condannato la cosiddetta ‘operazione militare speciale’ in Ucraina, sono definite “Paesi ostili”. Mosca ha anche annunciato l’aumento della produzione di armamenti destinate alle proprie truppe impegnate in Ucraina. Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha evidenziato come la decisione di Putin di posizionare armi in Bielorussia, sancisce il fallimento del tentativo di mediazione da parte della Cina.

Continuano gli attatti alle strutture civili

Sul fronte, continuano gli attacchi sulle strutture civili. Come riportato dalle autorità militari ucraine, in particolare le truppe russe hanno causato la morte di cinque persone, tra cui un bimbo di 5 mesi e la nonna, durante i bombardamenti sulla regione di Donetsk.

Nel Donbass, invece, secondo quanto riferito dal servizio di intelligence britannico, le forze armate di Mosca hanno raggiunto scarsi successi, a fronte di decine di migliaia di morti. Improbabile poi, secondo il Pentagono, che l’Ucraina riesca entro l’anno a respingere le forze russe dai suoi territori. Secondo l’alto ufficiale degli Stati Uniti Mark Milley, si tratta di un “compito molto, molto difficile”.

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