Al summit di Roma la prima giornata di lavori si è chiusa senza un'intesa di massima sul cambiamento climatico

Accordo raggiunto su vaccini e tassazione minima globale mentre resta da sciogliere il nodo sul clima. Al termine del primo giorno di lavori del summit G20 a Roma la strada per trovare una quadra sulle emissioni zero appare in salita. Nella bozza delle dichiarazioni finali sulla lotta al cambiamento climatico compaiono al momento scadenze vaghe, mentre continua il pressing del presidente del Consiglio Draghi per impegni più incisivi. Nel documento viene affermata l’importanza del raggiungimento della neutralità carbonica ma non la ‘data di scadenza’. Entro “metà secolo”, si legge. Che la mediazione sarebbe stata difficile sul tema era noto, con Usa e Ue intenzionati a fissare il target al 2050, e Cina e Arabia Saudita a favore di un limite più ampio, entro il 2060. Gli sherpa cercheranno fino all’ultimo di ottenere dai leader un impegno più stringente. Da questo dipenderà anche la riuscita del summit Onu sul clima che si aprirà a Glasgow la prossima settimana.

E non è un caso che il leader britannico, Boris Johnson, che insieme all’Italia detiene la presidenza della Cop26, arrivando al summit, abbia avvertito che, se non si agirà per tempo, si rischia di crollare come l’antica Roma. Nella bozza viene ribadito l’impegno per raggiungere l’obiettivo dell’accordo di Parigi (2015) di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali”. Ma è difficile che l’obiettivo venga raggiunto senza una scadenza a stretto giro sulle emissioni. Un recente rapporto Onu riporta che con il net zero entro il 2050 la temperatura globale potrebbe aumentare di 2,2 gradi (oltre l’accordo di Parigi). La Cina non sembra però intenzionata a cedere e nel suo intervento alla prima sessione dei lavori, il presidente Xi Jinping ha invitato i Paesi sviluppati a dare l’esempio sulle emissioni e a capire le difficoltà dei Paesi in via di sviluppo.

La quadra è invece arrivata sui vaccini. I Paesi del G20 hanno sostenuto che è necessario abbattere le diseguaglianze fra Paesi ad alto e basso reddito nella disponibilità e nella distribuzione delle dosi. L’obiettivo posto dall’Oms, che prevede di vaccinare almeno il 40% della popolazione globale entro il 2021 e almeno il 70% della popolazione globale entro il 2022, annunciato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi è stato condiviso da tutti i leader. Molti Paesi hanno inoltre manifestato sostegno all’iniziativa della Presidenza italiana volta ad istituire una Task Force globale per la salute e le finanze, che favorisca in primo luogo una più stretta collaborazione tra questi due mondi.

Sul tema non sono comunque mancati contrasti, con il presidente russo Vladimir Putin che ha chiesto il riconoscimento reciproco di green pass e vaccini tra i vari Stati e ha accusato “un certo numero di Paesi” di protezionismo e di concorrenza sleale, cosa che ha contribuito, secondo il leader, alla mancanza di dosi nei Paesi più in difficoltà. Il riferimento è al vaccino russo Sputnik, non approvato né dall’Ema europea né dalla Fda statunitense.

Accordo anche sulla global minumun tax, una misura volta a impedire alle multinazionali di versare i profitti nei Paesi in cui pagano poche o zero tasse. Il sostegno è stato manifestato esplicitamente dagli Stati Uniti e da Paesi come Brasile, Francia, Corea. “La comunità internazionale, grazie all’accordo sulla tassazione minima globale, sosterrà le persone facendo in modo che le aziende contribuiscano pagando la loro quota”, ha detto il presidente Usa Joe Biden.

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