Il diplomatico assicura: "Il loro fallimento è sicuro"

“Non lavorerò mai per un’organizzazione terroristica che ha preso potere con la forza e ha ignorato la costituzione vivente dell’Afghanistan“. Non usa mezzi termini, Khaled Ahmad Zekriya, ambasciatore afghano in Italia, intervistato da LaPresse. Nonostante la situazione sia delicata e ancora in via di definizione, lui ha dei punti fermi ben chiari ai quali non intende transigere. Non sa ancora se la sua ambasciata a Roma continuerà ad esistere e ad essere “un simbolo di democrazia, della costituzione. Un consolato al servizio dei cittadini afghani e la voce della loro diaspora all’interno dell’Italia”. Ma una cosa è certa: “Continuerò i miei sforzi con i media, i gruppi di riflessione, il parlamento e altri leader influenti italiani per evitare il riconoscimento del governo talebano”.

Zekriya non sembra amare le mezze misure. Tant’è che traccia una linea netta tra chi riconoscerà il nuovo Emirato islamico e chi no. Dalla scelta “capiremo quali sono gli Stati che apprezzano i princìpi retti e democratici e quali quelli che perseguono i loro interessi personali”, sottolinea. E rilancia: “Qualsiasi politica estera fondata su cattive intenzioni, egemonia e dominio, prima o poi porterà al fallimento e alla mancanza di rispetto nell’arena internazionale, e avrà un effetto disastroso sul proprio territorio”. E, avverte: “se vi saranno Stati che decideranno di ristabilire relazioni diplomatiche e commerciali con un’organizzazione terroristica come quella rappresentata dai talebani, allora dobbiamo essere preparati al fatto che altre organizzazioni terroristiche si sentiranno autorizzate a sfruttare legittimi governi e che si impossesseranno fisicamente di altri territori, aspettandosi poi di essere riconosciuti”.

D’altra parte, per l’ambasciatore afghano il futuro dei talebani è già segnato: “Per ottenere un qualsivoglia riconoscimento il nuovo Emirato dovrebbe formare un governo inclusivo – e in questo ha già fallito -, dovrebbe consentire l’apertura di corridoi umanitari e l’accesso ai beni di prima necessità forniti dalle organizzazioni umanitarie internazionali. E, finora, hanno fallito anche in questo, a causa del fatto che le donne erano alla guida proprio di questi progetti internazionali e quelle che sono membri di organizzazioni internazionali sono state minacciate”, prosegue l’ambasciatore.

“Dovrebbero permettere l’evacuazione, ma si è visto cosa è accaduto a a Kabul e ora a Mazar-i Sharif, dove agli aerei charter statunitensi è stato negato il volo. Dovrebbero garantire il rispetto dei diritti umani, di quelli di donne e ragazze – che, ci tiene a ribadire, “sono la personificazione della democrazia e la costituzione incarna i loro diritti” – e i diritti delle minoranze. E invece assistiamo a crimini di guerra e genocidi”, prosegue l’ambasciatore.

Ultima condizione, non meno importante, è che il nuovo governo afghano tagli “i legami con Al Qaeda e altri affiliati terroristi” ma visto “il messaggio di congratulazioni” arrivato dal movimento oltranzista e il fatto che “alcuni membri della famiglia Bin Laden sono arrivati nella provincia di Nangarhar pochi giorni fa e recentemente è apparso un video di Al Zawahiri”, senza contare che alcuni dei “più noti terroristi talebani” sono “stati nominati ministri”, secondo il diplomatico è garanzia che anche questa condizione verrà meno. E queste, assicura Zekriya “sono indicazioni che prima o poi i talebani falliranno”.

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