Il terrorismo è un "flagello" che non ha "nazionalità né religione" e il Marocco ha scelto di combatterlo con una strategia "multidimensionale", intervenendo sull'aspetto religioso e puntando sullo sviluppo economico per contrastare povertà e precarietà, perché "l’aspetto securitario da solo non può combattere ciò che porta i giovani a radicalizzarsi". Così Abdelhak Khiame, direttore dell’Ufficio centrale di indagini giudiziarie e responsabile dell’antiterrorismo del Marocco, racconta a LaPresse in un lungo colloquio, spiegando che al modello marocchino a suo parere bisognerebbe ispirarsi. Nella blindatissima sede dell'antiterrorismo a Salé, sulle sponde del fiume Bou Regreg che separa la città dalla capitale Rabat, Khiame sottolinea che la cooperazione internazionale è fondamentale: "il Marocco ha sempre teso la mano a tutti i nostri partner europei" aiutando a sventare attacchi e fra Italia e Marocco la collaborazione è "eccellente", ma va rafforzata visti i rischi del terrorismo. Poi assicura: "Se uniamo i nostri sforzi argineremo questo flagello, ci vorrà un po' di tempo ma credetemi, un giorno riusciremo ad arginarlo".

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