Di Fabio De Ponte

Bruxelles (Belgio), 29 nov. (LaPresse) – L’Isis è l’indicatore di un disordine internazionale crescente, un disordine fatto di declino degli Usa, di crisi finanziaria, di implosione dell’Ue e di ascesa della Cina. Una situazione che in una quindicina di anni porterà alla terza guerra mondiale. Lo spiega a LaPresse Luigi Bonanante, professore emerito di relazioni internazionali, già presidente del corso di laurea in Scienze internazionali e diplomatiche dell’università di Torino. All’attivo numerose pubblicazioni, ha recentemente dato alle stampe ‘Anarchia o democrazia’, Carocci 2015.

E’ direttore del centro studi di scienza politica Paolo Farneti, fondato nel 1969 da Norberto Bobbio. Tra le sue pubblicazioni anche ‘Etica e politica internazionale’, Einaudi, Torino 1992 e ‘Il terrorismo come prospettiva simbolica’, Aragno, Torino 2006.

“L’ISIS NON E’ IL PERICOLO MAGGIORE”. “Tutti vedono l’Isis – dice – come il grande nemico dell’umanità. Ma certo non è il più grande pericolo”. Oggi, spiega, gli Usa sono in una fase di declino, mentre la Cina è in ascesa. E la Russia non si rassegna a diventare una potenza regionale. Una situazione decisamente instabile.

LA TEORIA DELLA GUERRA COSTITUENTE. Bonanate sviluppò la teoria “della guerra costituente”, secondo la quale ogni 70 anni circa un conflitto ridefinisce gli equilibri. Non una guerra locale, o legata a un interesse specifico, come il Vietnam, o l’Iraq, ma una guerra che ristabilisce i rapporti di forza, come la guerra franco-prussiana del 1870 o la prima o la seconda guerra mondiale.

“LA GUERRA NON SERVE A DISTRUGGERE MA A COSTRUIRE”. “La mia idea – spiega – è che la guerra non serva a distruggere, ma a costruire da parte del vincitore un nuovo ordine internazionale. L’esempio più chiaro ne è la seconda guerra mondiale. Dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo vissuto sull’idea che Usa e Urss governavano, mentre il resto del mondo, pur con le sue contraddizioni, viveva in relativa pace. Il 1989 rappresentò la grande svolta. Si pensò che la storia fosse finita, che il mondo fosse entrato nell’era della pace perpetua. Il 2001 mostrò che non era così. Strappò il velo sul declino, largamente imprevisto, degli Stati Uniti. Negli ultimi anni del Novecento, negli Usa si parlava di ‘nuovo secolo americano’. Gli istituti di ricerca, anche i più seri, pensavano che il ventunesimo secolo sarebbe stato quello americano. Invece si sta rivelando l’esatto contrario”.

“OBAMA INTERPRETE DEL DECLINO AMERICANO”. Oggi “gli Usa – prosegue – sono sempre meno al centro. Obama forse è l’interprete di questo declino. Non riesce a governare il mondo. Non abbiamo più un ordine internazionale solido. Quell’ordine lì è stato distrutto. Abbiamo creduto che fosse un bene. E allora era un bene, perché migliorò la situazione dei diritti umani e civili in tanti Paesi. Ma un po’ per volta siamo entrati in una fase di crescente anarchia. Non c’è più nessun puntello, c’è solo disgregazione continua”.

“MANCA UNO STATO DOMINANTE”. Il problema, continua, è che “da quando esiste lo Stato moderno, dal sedicesimo secolo in poi, ci sono sempre stati Stati dominanti. Oggi non c’è più uno Stato dominante”.

NEGLI ANNI TRENTA LA TERZA GUERRA MONDIALE. “Una degenerazione – continua – che tanti studiosi, anche sulla base dell’ascesa della Cina, immaginano negli anni ’30 porterà alla prossima guerra mondiale. Altro che Isis. L’Isis è uno dei tanti indicatori del disfarsi del nostro mondo”.

“L’ISIS NON FARA’ CROLLARE IL MONDO”. “L’Isis – prosegue – è fatto di quattro gatti. Certo, fanno cose mostruose. Ma questo è tipico del terrorismo. Anche le Brigate rosse erano quattro gatti, ma in Italia quante ne hanno combinate. Non sarà l’Isis a far crollare la situazione internazionale. Lo sarà invece questa incapacità di costruire un ordine internazionale”.

“CAMPI AL CONFINE TURCO-SIRIANO? UNA BOMBA PRONTA A ESPLODERE”. Oggi si incontrano a Bruxelles il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e i leader europei per discutere di un accordo che prevede la costruzione di un’area cuscinetto tra la Turchia e la Siria nella quale Erdogan conta di aprire campi profughi da milioni di posti, bloccando lì i rifugiati siriani in modo tale che non arrivino in Europa. “Questo vuole dire – commenta Bonanate – costruirsi una enorme bomba pronta a esplodere. Tanto per cominciare è un ghetto. E dal punto di vista morale, per quanto conti, non è una bella cosa. Immaginiamo la vita in situazioni di quel tipo. E poi sarà il brodo di coltura di movimenti di ribellione che possono sfociare in quel terrorismo che è, non dimentichiamolo, la cosa più facile e più economica che esiste al mondo. Il terrorismo vive di questa sua straordinaria caretteristica, di essere poco costoso”.

“RIFUGIATI ALLA TURCHIA? COME EDUCANDE A UNO STUPRATORE”. “Se mettiamo – aggiunge – insieme migliaia di profughi, alcuni disperati e altri che approfittano della situazione, cosa ci si può aspettare? Fare una cosa del genere con la Turchia, poi, che non ha mai saputo cosa voglia dire diritti umani. Se noi affidiamo a un noto stupratore un collegio di ragazze, rischiamo”.

“GESTIRE FLUSSO MIGRANTI, UNICA SPERANZA DI PACE”. E cosa andrebbe fatto con i rifugiati? “Cerchiamo di irreggimentare il flusso dei migranti. Quella sarà alla lunga una straordinaria iniezione di rinnovamento socioculturale. E’ un guado lungo da attraversare ma questo rimescolamento di carte, dopo venti o trenta anni, è l’unica prospettiva pacifica che io so intravedere”.

LA CRISI ECONOMICA. Anche perché intanto i segni della crisi si moltiplicano: “La confusione finanziaria – dice Bonanate – è uno degli indicatori della futura guerra”. Di qui al 2030, i tempi sono lunghi ma, d’altra parte, tra la crisi del 1929 e la seconda guerra mondiale passò un decennio. “E’ il tempo che ci vuole – spiega – per perdere la speranza nelle soluzioni pacifiche”.

IL KAZAKHSTAN. Ma quale sarà il centro di questa guerra? “Consiglio sempre scherzosamente di non progettare le vacanze in Kazakhstan dopo il 2025. In Kazakhstan c’è una quantità di petrolio, di oro, di rame e di altre materie prime. E’ una sorta di serbatorio dell’umanità. E’ un Paese governato in modo assolutamente dittatoriale con una popolazione ridottissima numericamente, che può essere quindi controllata facilmente. E’ al centro dell’Asia. A nord hanno la Russia, a est la Cina, a sud l’India e a ovest gli occidentali. Lì ci sarà la corsa”.

TUTTI INDICATORI. Insomma “siamo in una brutta situazione storica. Quelli di oggi sono indicatori di quello che potrebbe succedere nel prossimo futuro. L’unica alternativa è la democrazia. Intesa come non violenza, non come elezioni: come il tentativo di discutere invece che sparare”.

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