L'avvocato e autore, membro dell’Osservatorio Golden Power: "È indicativo il fatto che, in ambedue i casi, l’istituto italiano abbia ottenuto praticamente tutte le autorizzazioni tecniche"
“Le operazioni di UniCredit su Bpm e sulla tedesca Commerzbank, nonostante l’assenza di problemi da parte dei regolatori, sono a rischio per il muro dell’ostilità politica”. E’ il commento a LaPresse di Luca Picotti, avvocato e autore, membro dell’Osservatorio Golden Power. Quanto conta la politica nei due fronti principali di UniCredit, l’ops su Banco Bpm e la scalata di Commerzbank?“, si chiede Picotti. “È indicativo il fatto che, in ambedue i casi, l’istituto italiano abbia ottenuto praticamente tutte le autorizzazioni tecniche: per l’operazione in Germania, quella della BaFin, l’antitrust e Bce; per quella in Italia, Bce, IVASS, mentre manca la Commissione per l’antitrust, ma non dovrebbero esserci problemi”, dice Picotti.
“Sul piano della regolazione del mercato, dunque, non sono state riscontrate criticità. Nessuna operazione ardita, tale da minare la stabilità finanziaria o comprimere eccessivamente la concorrenza, bensì iniziative lineari, la cui bontà dovrebbe essere valutata solo dal mercato stesso – ad esempio, dagli azionisti delle società target in termini di adesione o potenziale adesione. Le difficoltà di UniCredit (inaspettate?) sono state invece sin da subito squisitamente politiche: il gelo dei vertici tedeschi verso la scalata di Commerzbank (ricordiamo che il governo tedesco rimane azionista al 12% dell’istituto) e di una parte di quelli italiani verso l’ops sul Banco, sfociato in quest’ultimo caso addirittura nell’esercizio dei poteri speciali tramite prescrizioni ambigue”. Il che per Picotti “è ancora più curioso se si considera che si tratta di un fronte europeo (Commerzbank) e uno italiano (Banco Bpm)”.
“C’è da riflettere. – prosegue l’esperto – È un fenomeno che riguarda la sempre maggiore attenzione della politica verso operazioni in settori che sarebbero già di per sé molto regolamentati. Si tratta di un quid pluris, tale da aggiungere alle valutazioni tecniche un potenziale indirizzo politico. Dopotutto, qualcuno potrebbe chiedersi a cosa serva una autorizzazione-beneplacito politico quando la vigilanza sulla stabilità finanziaria, il risparmio, la trasparenza e il buon funzionamento dei mercati, dovrebbe essere già sufficiente ad evitare iniziative ardite e potenzialmente disastrose per la tenuta del sistema”.
Quale è questo quid pluris? Picotti risponde: “Prima di tutto, la nazionalità. Ad esempio, BI-Bce effettuano analisi tecniche anche con riferimento al risparmio, ma si disinteressano della distinzione tra risparmio italiano, tedesco o francese. Stessa cosa le altre autorità rispetto ai singoli profili. Per la politica la nazionalità di un investitore conta, anche se europea, per le autorità tecniche no. Ancora, per la politica contano presidi territoriali, filiali, investimenti in ambito domestico, mantenimenti della sede legale nel territorio, favore del credito verso le Pmi locali, sottoscrizioni di titoli di Stato, nazionalità del controllo”. “Insomma- sottolinea Picotti- mai come oggi lo Stato regolatore appare agli occhi della politica insufficiente”. E avverte: “Con rischi di sovrapposizioni, ingerenze problematiche sul mercato, dirigismo economico al di là dell’interesse e della sicurezza nazionale. Sino alla possibilità di compromettere alla radice certe operazioni, laddove l’ostilità politica si tramuti in un vero e proprio muro di diritto o di fatto, tale da suggerire un passo indietro”, conclude Picotti.
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