La studentessa a LaPresse: "Non mi sono pentita di aver denunciato perché era la cosa giusta da fare e il prima possibile"

“È successo intorno alle 15 di mercoledì 8 maggio. Se non lo avessi aiutato sarei stata assalita dai sensi di colpa. Lui mi diceva ‘non mi stai aiutando in una situazione come questa’, poi continuava ‘ho il telefono scarico’. A ripensarci sembrava un attore, un manipolatore. Non sono stata abbastanza lucida da capire, data la situazione anche per le macchine in coda, mi sono lasciata convincere, nonostante fosse vestito in maniera trasandata”. Così a LaPresse la studentessa vittima dello stupro da parte di Simone Borgese.

Sono state due ragazze a farmi trovare il coraggio di denunciare. Non mi sono pentita di questa scelta. Ho denunciato il giorno stesso. Sul treno ho incontrato due ragazze che mi hanno accompagnata a casa e poi mi hanno portata al Commissariato. Arrivata lì ho trovato una poliziotta che mi ha assistita e che ha preso la denuncia”, ha aggiunto.

 

Vittima Borgese: “Non mi sono pentita di aver denunciato”

Non mi sono pentita di aver denunciato perché era la cosa giusta da fare e il prima possibile” aggiunge a LaPresse. L’uomo è stato condannato per violenza sessuale e rapina nei confronti di una tassista, avvenuta l’8 maggio 2015. La giovane, subito dopo la violenza, è stata lasciata da Borgese a Villa Bonelli, dove ha preso un treno e si è confidata con due ragazze. “In quel momento – continua – non avevo bene in mente che cosa fare, ma sapevo solo che volevo starmene a casa e stare in un posto tranquillo. Sono state queste due ragazze che mi hanno aiutato a venire qui in questura a denunciare”.

Vittima Borgese: “Mi faceva sentire in colpa”

“Io continuavo a dirgli ‘nella tua macchina non salgo’. E lui ha iniziato a farmi sentire in colpa perché non lo stavo aiutando. Mi diceva ‘non mi stai aiutando in una situazione come questa’, poi continuava a ripetere che aveva il telefono scarico. E ancora ‘se io mi perdo come faccio’. È stato veramente un attore, un manipolatore. Non sarei mai salita sulla macchina di uno sconosciuto. Non sono stata abbastanza lucida per la situazione che si era creata, vedevo le macchine ferme da un lato e dall’altro della strada, il traffico, lui con lo sportello aperto” racconta a LaPresse la ragazza vittima dello stupro a Roma per cui è finito ai domiciliari, Simone Borgese, recidivo per una violenza sessuale a una tassista avvenuta l’8 maggio del 2015.

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