Ribaltata la sentenza di primo grado, dove era stato condannato a 4 anni di reclusione

Accuse caratterizzate da “aporie logiche, carenze e profili di contraddorietà”: il Tribunale di Napoli, nella sentenza di primo grado nei confronti del colonnello Fabio Massimo Mendella, ha utilizzato un metodo di valutazione della prova distante da quanto previsto dalla giurisprudenza di legittimità avendo “smarrito il senso della necessaria valutazione della pregnanza di singoli fatti e circostanze e del loro individuale e serio rilievo indiziario, giungendo così a fondare il proprio convincimento su meri sospetti che, pur nella loro potente suggestività, hanno acquisito un’apparenza probatoria che, ad una più attenta analisi logica risultano non aver mai posseduto, lasciando spazio a possibili ricostruzioni alternative dei fatti”. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello, presidente Maria Francica, di Napoli, passata in giudicato nella giornata di oggi, con la quale viene assolto il colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella perché “il fatto non sussiste”, ribaltando la sentenza di primo grado del Tribunale di Napoli a 4 anni di reclusione.

Mendella era accusato di presunta corruzione nel periodo in cui era in servizio prima a Napoli e successivamente a Roma, dove era a capo del Gruppo territoriale capitolino. Nei suoi confronti fu inizialmente disposta una ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di concussione nei confronti di due imprenditori, Giovanni e Francesco Pizzicato. L’accusa mossa nei confronti di Mendella era di aver svolto verifiche pilotate sulle attività imprenditoriali dei due fratelli, di non aver informato l’autorità giudiziaria delle irregolarità riscontrate, in cambio di “denaro e altre utilità”.

In appello, i giudici hanno evidenziato la correttezza operativa di Mendella. La Corte di Appello ha ritenuto che ciò che il Tribunale ha vagliato come prove ‘serie e decisive’ sono, invece, risultate consistere a seguito di una più attenta e rigorosa valutazione “in meri sospetti e suggestive ipotesi investigative non approdate” proprio per la loro inconsistente natura “alla soglia di una reale certezza probatoria”.

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