I legali hanno potuto visionare i reperti che hanno portato alla condanna del muratore: puntano a rimettere in discussione l'esame del Dna

In Corte d’Assise a Bergamo lunedì si tenuta l’udienza in cui, a quasi 14 anni dall’omicidio di Yara Gambirasio, la difesa di Massimo Bossetti ha potuto visionare i reperti che hanno portato alla condanna in via definitiva all’ergastolo del muratore, loro assistito. “Da alcune provette non è possibile desumere il campione però ci sono altre 23 provette che però bisognerà verificare cosa ci possono dire. Verificheremo se manca qualcosa e poi lo step successivo, ci auguriamo di poter formulare un’istanza. Finalmente dopo 10 anni siamo riusciti a vedere questi reperti e siamo ottimisti sul fatto che ci possa essere consentita la possibilità di verificare quello che può essere il risultato delle analisi“, hanno detto gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che con questa istanza sperano di rimettere in discussione l’esame del Dna che identificò Bossetti come responsabile del delitto. La tredicenne scomparve da Brembate di Sopra, nella bergamasca, il 22 novembre del 2010, e fu trovata uccisa in un campo ad alcuni chilometri di distanza tre mesi dopo.

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