Le famiglie dei sopravvissuti faranno "richiesta di risarcimento danni alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero delle Infrastrutture e al Ministero dell'Economia"

“Domani andremo in Procura, a Crotone, per chiedere ulteriori indagini e risposte che finora non ci sono state fornite dalla Guardia costiera, per esempio il punto nave in cui si trovava la motovedetta”. Lo ha detto l’avvocato Stefano Bertone, legale di 50 famiglie delle vittime del naufragio di Cutro, avvenuto un anno fa, e di diversi sopravvissuti nel corso di una conferenza stampa.

Le famiglie dei sopravvissuti faranno “richiesta di risarcimento danni alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero delle Infrastrutture e al Ministero dell’Economia” attraverso due diversi esposti che “saranno presentati a Roma e a Catanzaro” e intenteranno una causa civile per ottenere il risarcimento. “Decideremo poi, sulla base di quanto emergerà, se allargare la platea dei soggetti a cui estendere la richiesta, come per esempio Frontex”. 

A un anno da strage opera in mare street artist Laika 

Per ricordare le vittime del naufragio di Steccato di Cutro, a un anno dalla tragedia, la street artist Laika ha realizzato la sua nuova opera nelle stesse acque in cui sono affiorati i corpi di 94 persone, 35 dei quali minori, senza contare un numero imprecisato di dispersi. Si tratta di un’installazione galleggiante di 4 metri per 2, che ritrae un giovane migrante che lotta in mare per la sua vita: al centro dell’opera appare la scritta “Never again”. “Il Mediterraneo è un cimitero sterminato, un mare che trascina sul suo fondo migliaia di vite. Subito dopo la strage di Cutro, a causa di un decreto di questo governo, nato con la scusa di bloccare gli sbarchi ma che di fatto ostacola i soccorsi, i morti sono aumentati a circa 7 al giorno. Senza quei viaggi insensati delle navi soccorso verso porti lontani, senza fermi e multe assurde alle ong ora forse piangeremmo meno vite spezzate”, ha detto Laika.

“È incredibile che i governi europei non comprendano la disperazione di questa gente, disposta a subire torture nelle prigioni libiche, a rischiare di morire in mezzo al mare pur di scappare dal proprio paese d’origine – ha continuato l’artista – dal 2014 sono oltre 28.000 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo, una strage senza fine”. A distanza di un anno la strage di Cutro non sembra aver fine: è ancora in corso l’inchiesta per mancato soccorso e viene negato il ricongiungimento familiare alle vittime sopravvissute. “È necessario creare dei canali legali e sicuri di accesso per queste persone che scappano da guerre, povertà, persecuzioni e violazioni dei diritti umani: un ‘Safe passage’. Cambiamo le leggi affinché tutto ciò non accada mai più. Never Again”, ha concluso Laika. 

Don Ciotti: “Promesse dell’Europa naufragate con migranti” 

“Oggi sulla spiaggia di Cutro giace un altro relitto: sono le promesse naufragate dell’Europa dopo la tragedia di un anno fa. Sono i principi stessi di libertà, dignità e giustizia, divelti e abbandonati alla deriva, o condannati a incagliarsi nelle secche delle nostre coscienze assuefatte”. Così in una nota don Luigi Ciotti, presidente di Libera e del Gruppo Abele. “Ciò su cui la nostra democrazia si fonda, ormai affonda. Affonda insieme alle imbarcazioni di migranti che hanno continuato a naufragare senza fare notizia: l’Onu parla di una media di quattro morti al giorno nel Mediterraneo, negli ultimi due mesi. Affonda insieme alle verità che non si riescono a trovare, perché dopo un anno ancora ignoriamo se quelle persone si sarebbero potute salvare, e chi ha deciso di non farlo. Affonda insieme alle attese dei famigliari e degli amici delle vittime: alcuni di loro avrebbero voluto tornare a Cutro a ricordare i compagni di viaggio scomparsi, ma sono bloccati senza passaporto in Germania, con vite ancora precarie, appese ai tempi della burocrazia”, afferma. 

“Un anno fa l’Italia intera si è commossa per il destino tragico di uomini, donne e bambini che cercavano scampo da guerre e persecuzioni, ma sono morti a poche decine di metri dalla nostra costa. C’è stato persino un decreto col nome di questa località della Calabria: misure descritte a garanzia di maggiore sicurezza in mare, e che invece come sempre puntavano a proteggere i confini più che le vite umane”, aggiunge.”C’è una gigantesca ipocrisia, nelle politiche italiane ed europee sull’immigrazione: da un lato ci si appella al diritto, dall’altro si calpestano i diritti – sottolinea – Si mortifica lo sforzo di chi, nell’assenza di un intervento pubblico via via smantellato, presidia le acque del Mediterraneo per salvare le persone in pericolo. Mentre le Ong sono accusate di agevolare il traffico di migranti, si scende a patti con Paesi dittatoriali che in quel traffico sono direttamente coinvolti, traendone profitto su due fronti: quello legale degli accordi con l’Occidente, quello illegale degli affari con le mafie”.”È di pochi giorni fa la notizia che la Cassazione ha dichiarato la Libia un porto non sicuro, e che due alti ufficiali libici sono indagati in Italia per traffico di esseri umani e torture. Sono situazioni note da tempo! Un film coraggioso che ne parla è candidato all’Oscar. “Io Capitano” di Matteo Garrone ci fa vivere sulla nostra pelle l’odissea nel deserto e nel mare di chi viaggia con un bagaglio di sole speranze. Tutti ci auguriamo sia premiato. Così come premiato dovrebbe essere l’impegno di chi ogni giorno si spende per sottrarre le persone alle violenze e alla morte”.

 “Ci sono poi le contraddizioni di un sistema di accoglienza “a ostacoli”, che spinge molti verso la marginalità e l’illegalità. Dopo le lacrime versate per i morti, si umilia chi “osa” sbarcare vivo. Di fronte a chi continua a morire prima di aver visto la fine del viaggio, di fronte a chi arriva ma viene bloccato dentro un limbo di burocrazia, di fronte alle vittime invisibili del caporalato e della tratta, di fronte a confini sempre più militarizzati, e a conflitti che invece spingono la gente a scappare, è evidente che commuoversi non basta! Bisogna muoversi, fare uno scatto avanti concreto: cambiare le leggi, punire non i disperati ma chi approfitta della loro disperazione”, prosegue don Ciotti nella nota.”Le emozioni innescate da un dramma come quello di Cutro devono diventare azioni incisive e lungimiranti. Non interventi spot, non occasione di facile propaganda.Questo ci chiedono le vittime di Cutro e di tutti i naufragi senza nome. Questo ci chiede il residuo di umanità e giustizia che sopravvive fra noi cittadini d’Italia e d’Europa, dopo decenni di messaggi disumani e pratiche profondamente ingiuste”, conclude.

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