La deposizione dell'attuale Ministro, che era capo di gabinetto di Salvini all'epoca dei fatti contestati dalla procura

Matteo Salvini e Matteo Piantedosi in aula bunker a Palermo, per il processo che vede l’ex ministero degli Interni imputato nel processo Open Arms. Piantedosi, all’epoca capo di gabinetto del capo del Viminale, depone nell’ambito del processo che vede Salvini accusato di sequestro di persona nel caso Open Arms. L’ex ministro è accusato di sequestro e rifiuto d’atti d’ufficio per avere impedito nell’agosto 2019 lo sbarco di 163 migranti.

Piantedosi: “Nave rifiutò aiuto da Spagna”

“La Spagna dopo Ferragosto, tramite l’ambasciata di Spagna in Italia, annunciò di dare la disponibilità ad accogliere le persone. Due giorni dopo mandò anche una nave che stava venendo in Italia per offrire la possibilità di trasbordare i migranti, perché in un primo momento la nave Open Arms disse che non era in condizioni di andare in Spagna”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi deponendo in aula Bunker a Palermo. “Perché la Ong non andò in Spagna? Se non ricordo male – prosegue – la Open Arms temesse di incorrere in qualche sanzione perché aveva un numero maggiore di persone soccorse rispetto a quelle consentite a bordo”, conclude Piantedosi.

Piantedosi: “Minori a bordo definiti tali ma senza accertamenti”

“I minori a bordo erano definiti tali ma senza un accertamento specifico. Non erano comunque abbandonati a se stessi, ma erano accompagnati da figure adulte”. Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi deponendo in aula Bunker a Palermo, nell’ambito del processo Open Arms che vede accusato l’ex ministro Matteo Salvini di sequestro e rifiuto d’atti d’ufficio. Salvini è presente oggi in aula, a Palermo, con il suo avvocato Giulia Bongiorno. Piantedosi è stato capo di gabinetto di Matteo Salvini nel periodo in cui è avvenuto il fatto.

La deposizione di Piantedosi

“Le comunicazioni inerenti ai salvataggi arrivavano attraverso rapporti che aveva il nostro l’ufficio con le Capitanerie di porto. Solitamente c’era un flusso di comunicazione. C’è anche una messaggistica in una chat comune degli uffici” ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi deponendo in aula Bunker a Palermo. Salvini è presente oggi in aula, a Palermo, con il suo avvocato Giulia Bongiorno. Piantedosi è stato capo di gabinetto di Matteo Salvini nel periodo in cui è avvenuto il fatto. “Credo che, nello specifico, la Open Arms mirava subito a venire verso l’Italia – prosegue – trascuravano anche il fatto di poter richiedere assistenza per poter sbarcare persone in Tunisia o a Malta. Quindi in questo caso sono stati predispèosti questi provvedimenti di divieto o di ingresso in acque nazionali”, conclude Piantedosi. 

“Credo il tutto che tutto nacque da una segnalazione di tre barche piccole che erano in navigazione per le quali era stata attivata la Guardia costiera libica, poi ci fu la segnalazione che la Open Arms. Quindi vi fu il primo recupero di persone. Poi nei giorni scorsi vi furono altri eventi, in acque Sar Maltesi e in acque Sar libiche. Il primo evento è stato coordinato credo dai libici” ha detto ancora il ministro. “La Open Arms – prosegue – si rifiutò di consegnare una parte delle persone a Malta, nonostante Malta lo avesse chiesto. La Open Arms non aveva accettato nemmeno il coordinamento della Guardia costiera libica”, conclude Piantedosi. “Il primo divieto di ingresso della nave Open Arms in acque territoriali italiane venne condiviso da tre ministri, ed era a triplice firma. Erano: il ministro dell’Interno, il ministro delle Infrastrutture e della Difesa. Fu informato anche il presidente del consiglio Conte”.  “Il terzo evento riguardò 39 migranti. Io a tal proposito ricordo che i maltesi si offrirono di farsi consegnare 39 migranti che ritenevano fossero di loro competenza. Credo di ricordare che gli mandarono anche una loro motovedetta. Questo fu rifiutato dalla Open Arms. I migranti. chiesero conto al comandante della nave su come mai non avessero consentito di farli sbarcare a Malta”. 

L’ex capo di gabinetto di Salvini ha proseguito: “Sono state fatte diverse evacuazioni mediche in acque internazionali. Noi ci siamo prestati anche quando avveniva in acque internazionali. Abbiamo prestato assistenza. Ho acconsentito che qualcuno andasse a bordo per fare una valutazione della situazione”. 

La portavoce di Open Arms: “Non sono carichi residuali ma vite umane”

“Quello che a noi interessa è che si possa dare voce alle persone che erano sulla barca. Non sono carichi residuali ma sono vite umane” ha detto la portavoce della Open Arms, Veronica Alfonsi, parlando all’ingresso dell’aula bunker, a Palermo. “Noi chiediamo da anni delle risposte – prosegue – serve un sistema di soccorso a livello europeo strutturato che sia in grado di salvare le vite in mare. Poi serve un sistema di redistribuzione in Europa”, conclude Alfonsi. “Nella scorsa udienza il ministro Salvini ha evaso moltissime delle domande che gli erano state poste dalla procura, parti civili e dalla corte rimandando moltissime delle risposte al ministro Piantedosi. Speriamo di sapere perché 160 persone vulnerabili, donne, uomini, bambini, minori, sono stati considerati un pericolo per il paese e perché gli è stato impedito per 20 giorni di raggiungere un porto sicuro come gli è stato impedito dalla legge” dice ancora Alfonsi. “E’ stato un processo lungo – prosegue – abbiamo assistito a molte udienze in cui sono spese ore a parlare di galleggiabilità o meno dell’imbarcazione. Quello che a noi interessa è che si dia voce alle persone che erano a bordo della barca”, conclude Alfonsi.

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