Non esiste un identikit del maltrattante ma, spiegano le psicologhe, bisogna smettere di normalizzare alcuni comportamenti

Gelosia, ossessioni, lo schiaffo. “Ci sono molti comportamenti degli uomini che vengono ‘normalizzati’: la gelosia, il controllo, il superamento del fatto di essere lasciati (si può stare molto male ma è diverso dire non posso vivere senza qualcuno, si entra in uno spazio diverso). Non dobbiamo normalizzare i comportamenti controllanti, ossessivi, non dobbiamo minimizzare. Bisogna intervenire ai primi segnali e smettere di minimizzare tutti questi comportamenti sbagliati”. Così a LaPresse la psicologa Alessandra Pauncz, del Cam (Centro ascolto uomini maltrattanti) di Firenze, a proposito dei comportamenti degli uomini che commettono maltrattamenti e reati orientati al genere. “Il focus, delle norme e delle analisi, dovrebbe essere sul prima, non sul femminicidio. Il femminicidio, rispetto alla violenza domestica ad esempio, è fortunatamente molto meno frequente. Il controllo ossessivo, lo schiaffo, lo scambio di password, il revenge porn sono molto più diffusi. Siamo pieni di comportamenti violenti normalizzati o addirittura glorificati. Basta, occorre porre attenzione su questo” aggiunge Pauncz. “Non esiste comunque un identikit del maltrattante, queste persone spesso non hanno patologie pregresse o non per forza hanno subito a loro volta violenza” dice Francesca Garbarino, criminologa del CIPM. 

La valutazione dei ‘risultati’ nei percorsi con uomini maltrattanti

Gli uomini violenti che effettuano percorsi nei Centri per uomini autori di violenza, “traggono benefici da questi percorsi. Migliorano tendenzialmente su tutte le scale, in particolare quella della violenza fisica va tendenzialmente a zero sulla condotta”. A dirlo a LaPresse è la psicologa Alessandra Pauncz, del Cam di Firenze. “Su quasi tutti i comportamenti problematici si vede un miglioramento ma sono quelli più facilmente descrivibili, cioè ‘mi impedisce di uscire con le mie amiche’ o ‘mi dice come vestirmi’. Quelli più complicati da scardinare sono item come il controllo del denaro” aggiunge Pauncz. “Però forse c’è un’idea di fondo un po’ semplificata di cosa significhi il cambiamento. Le persone che intraprendono un percorso perché smettono di bere giorno per giorno acquisiscono mesi e anni di sobrietà. Possiamo dire che è un po’ così anche con la violenza, diamo a questi uomini strumenti per decostruire dei comportamenti. La capacità di monitorarsi dopo i percorsiáè molto soggettiva e dipende dalla persona, il processo di cambiamento è qualcosa che con questo percorso iniziaáe va poi prolungato nel tempo” aggiunge Pauncz.

“I risultati ci sono, chi riesce a finire il percorso ha ottimi risultati, evita in genere reiterazione di reati e gesti di violenza fisica” conferma a LaPresse anche la psicologa Fernanda Werner del Cam di Cremona. “Resta però un fatto culturale che, a volte restano i convincimenti rispetto al ruolo della donna. Migliora, si aprono delle riflessioni, ma il percorso è lungo” aggiunge.

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