Prima udienza in Italia per Shabbar, accusato dell'omicidio della figlia

Il padre di Saman Abbas, Shabbar Abbas, è entrato in aula, a Reggio Emilia, per il processo per la morte della figlia Saman. È la prima udienza in Italia per l’uomo dopo la consegna da parte del Pakistan. È imputato al processo per la scomparsa della figlia insieme a due cugini e uno zio (presenti in aula) e la moglie, che risulta ancora latitante

Legale padre: “Lui non è una bestia”

L’uomo, in Italia dopo l’estradizione della scorsa settimana si difende dalle accuse di omicidio. “Shabbar Abbas, già dai primissimi colloqui che abbiamo fatto ha detto chiaramente che chi ammazza una figlia è una bestia e che lui non è una bestia“, ha detto il suo legale Simone Servillo nel giorno in cui ricominciano le udienze per la morte della ragazza. L’uomo “sarà presente in aula sin da oggi, farà dichiarazioni sicuramente più avanti”, ha aggiunto l’avvocato, precisando inoltre: “Da quando lui è stato tratto in arresto, è stato prelevato nel campo dove stava lavorando, è stato portato in una prigione e lì non ha più avuto contatti con nessuno; anche noi avvocati abbiamo faticato non poco per avere dei contatti con lui e, addirittura, in piena fase dibattimentale, potevamo parlare col nostro assistito solo ed esclusivamente nelle giornate d’udienza e tramite i collegamenti via Whatsapp e quindi non c’era assolutamente la riservatezza che ci dovrebbe essere, i collegamenti erano precari ed erano pochissimi perché non era molto semplicemente possibile parlargli quando non c’era udienza. Non ho mai capito per quale motivo”. Con riferimento all’udienza odierna, invece, il legale ha preannunciato: “Sicuramente chiederemo e formalizzeremo oggi la richiesta di non sentire nell’udienza odierna il figlio Ali Haider”.

Legale padre: “No forzature su matrimonio”

Il legale di Shabbar Abbas ha anche in parte trattato la strategia difensiva del suo assistito, secondo cui la ragazza non sarebbe stata sottoposta a matrimonio forzato. “C’era la richiesta da parte della famiglia con indicazioni di un marito, però Shabbar ha detto chiaramente che anche il dettame islamico non comporta la possibilità per il padre di obbligare la figlia, con la forza, a un matrimonio. Cioè loro danno un’indicazione, poi se i figli non vogliono, non vogliono“, ha dichiarato. Secondo il legale, inoltre, ci sarebbero delle discrepanze tra le dichiarazioni del fratello e dello zio di Saman e i filmati delle telecamere di sicurezza: “Stiamo entrando ora nel merito delle dichiarazioni che hanno fatto Ali (il fratello di Saman, ndr) e anche Danish (lo zio di Saman, ndr). Chiaramente ci sono delle discrepanze importanti rispetto a quella che è la tesi di Shabbar, ma queste discrepanze rilevate dal padre trovano conforto nei filmati“, ha detto. 

Legale padre: “Moglie con lui in casa al momento dell’arresto”

Un altro difensore di Shabbar Abbas, Enrico Della Capanna, a margine dell’udienza ha detto che la moglie dell’uomo, a oggi latitante, era in casa con lui al momento dell’arresto. “Si è presentata la polizia a casa sua, lui era fuori casa, la moglie era all’interno dell’abitazione, lui è stato arrestato, condotto al carcere e da quel momento lui non ha più avuto nessun rapporto né con la moglie, né con nessun altro familiare, lui non ha più potuto parlare con nessuno”. A una domanda di chiarimento, ha poi ribadito: “Sì, così ci ha detto: ci ha riferito che non era accanto a lui, ma che era in casa, nell’abitazione, lui era fuori in un campo”. E ha aggiunto di non sapere se ci fosse un mandato anche nei confronti della donna: “Non so se c’era un mandato nei confronti della moglie, non ve lo so dire, non c’era in Pakistan, non lo so. È un dato fattuale: a lui non è stato consentito di avere alcun rapporto con la moglie e con altri familiari durante la detenzione in Pakistan. Forse, in quel momento, non c’era un ordine di carcerazione nei confronti della moglie, questo è il dubbio che mi viene. Non l’hanno portata via, quindi immagino che non ci fosse un ordine di carcerazione nei confronti della moglie”. 

Legale fidanzato: “Nessuno ha fatto nulla per lei”

Prima dell’udienza ha parlato anche Barbara Iannuccelli, legale del fidanzato di Saman, Saqib Ayubdel, che si è costituito parte civile nel processo. “Il fidanzato di Saman Abbas è un ragazzo anche lui di 20 anni che ha paura e non ha un pensiero positivo legato a questa vicenda, per cui, quando gli si raccontano tutte le vicende processuali lui capisce il giusto e dice soltanto che vuole giustizia per Saman“, ha dichiarato. Poi ha comunicato le sue riflessioni sulla vicenda: “Il caso Saman Abbas è un caso simbolo ed è per questo che ha attirato l’attenzione a livello mondiale ed è anche questo il motivo per cui il Pakistan, non avendo alcun obbligo di consegnare Shabbar Abbas, lo ha fatto; è un caso simbolo che produrrà i suoi effetti per tantissimo tempo. Io, come avvocato, l’ho già visto: sono stata contattata da una ragazza indiana che mi ha detto ‘Non voglio fare la fine di Saman’. Mi chiedo: se non avessimo raccontato questa storia all’infinito, questa ragazza indiana si sarebbe salvata? Quindi, per quanto mi riguarda, posso dire che io personalmente continuerò a raccontare questa storia vita natural durante se serve per salvare altre vite”. In ordine a Shabbar Abbas, Iannuccelli ha affermato: “Io penso che il padre di Saman ci sia, che venga in aula, perché ha già fatto capire di sentirsi molto importante; si è autoproclamato depositario di questa grande verità, che spero ci svelerà presto, dimenticandosi però che sono due anni e mezzo che Saman è morta, in due anni e mezzo un padre avrebbe potuto tornare in Italia, raccontare la sua versione, anzi, sottolineo una madre e un padre; nessuno ha fatto nulla per la piccola Saman, se non seppellirla sotto due metri di terra, quindi noi andiamo avanti con questo processo che, a mio avviso, è già pronto per la discussione e la sentenza“.

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