Il boss comandava dal carcere. Sequestrate 6 aziende e beni per 5 milioni di euro

Azzerata la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia a Palermo, che rientra nel mandamento di Pagliarelli. 220 militari della guardia di finanza hanno eseguito questa notte 33 misure cautelari firmate dal gip Walter Turturici su richiesta dei sostituti procuratori Federica La Chioma, Francesca Mazzocco, Dario Scaletta (oggi membro del Csm) coordinati dal procuratore aggiunto della Dda Marzia Sabella e dal procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia. 25 indagati sono stati sottoposti a custodia cautelare in carcere, uno agli arresti domiciliari e per sette è scattata la misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali. Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di partecipazione e concorso esterno in associazione mafiosa, con l’aggravante dell’associazione armata, trasferimento fraudolento di valori al fine di agevolare Cosa Nostra, e traffico di stupefacenti con l’utilizzo del metodo mafioso. Le indagini, condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria guidato dal colonnello Gianluca Angelini ha permesso di ricostruire le dinamiche criminali della famiglia mafiosa e, con l’ausilio della Polizia Penitenziaria della casa circondariale “A. Lorusso – Pagliarelli”, i contatti fra gli affiliati in carcere e quelli in libertà.

Sequestrate 6 aziende e beni per 5 milioni di euro

Nell’ambito dell’indagine che ha portato questa notte all’azzeramento della famiglia mafiosa, i finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria coordinati dai magistrati della Dda di Palermo hanno sequestrato preventivamente sei attività commerciali che operano nel settore della ristorazione, del commercio al dettaglio di generi alimentari del trasporto merci e del movimento terra per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Si tratta delle aziende Il Baretto – ditta individuale Vito Lombardo; Briatore Cafè -ditta individuale di Angelo Stella; “Frutta e verdura” di Giovanni Grillo; ditta individuale Rosario Manno specializzata nella preparazione di cantieri edili e movimento terra; ditta individuale Nicolò Fiorentino, di trasporto merci su strada; Man Service s.r.l.s. di Silvestre Maniscalco, di trasporto merci su strada per conto terzi.

Il boss comandava dal carcere

Lo storico capo famiglia di Villaggio Santa Rosalia Salvatore Sorrentino, già in carcere per reati di mafia gestiva gli affari del clan dalla sua cella del carcere Pagliarelli di Palermo. Sorrentino avrebbe sfruttato soprattutto il periodo della pandemia quando i colloqui con i familiari avvenivano in videochiamata. Secondo gli inquirenti il boss utilizzava i colloqui 2.0 per convocare numerosi affiliati al fine di impartire direttamente ordini e direttive, “rafforzando la sua autorità attraverso la forza della propria immagine e ricevendo attestati continui di fedeltà con modalità fortemente evocative del rispetto del perverso codice mafioso” scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare che questa notte ha portato all’esecuzione di 33 misure (26 arresti e 7 interdittive) da parte della guardia di finanza di Palermo.

La reggenza affidata al figlio

Le decisioni strategiche continuava a prenderle Salvatore Sorrentino dal carcere ma l’esecuzione era affidata al figlio 23enne Vincenzo Sorrentino, una sorta di baby reggente della famiglia mafiosa di Villaggio Santa Rosalia. Questo è quanto hanno ricostruito i magistrati della Dda di Palermo e il Gico della guardia di finanza che questa notte hanno eseguito 33 misure cautelari (26 arresti e 7 interdittive) nei confronti del clan appartenente al mandamento Pagliarelli. In particolare, il figlio del capo famiglia, una delle nuove leve di spicco all’interno di Cosa nostra, sarebbe stato investito di una funzione di supplenza rispetto al padre, curando gli interessi mafiosi ed economico-criminali della famiglia sul territorio, anche grazie al supporto di un altro giovane affiliato, che avrebbe svolto il ruolo di “braccio operativo” con funzioni di raccordo con i vertici della famiglia.

Affari con estorsioni e controllo territorio

Mesi di intercettazioni e attività tecniche hanno permesso di ricostruire gli affari della famiglia mafiosa di Villaggio Santa Rosalia a Palermo, azzerata questa notte dai 26 arresti e 7 misure interdittive eseguiti dalla guardia di finanza su mandato della Dda palermitana. Le indagini hanno accertato come il clan guidato dai Sorrentino (padre in carcere e figlio 23enne supplente) basasse i propri affari illeciti sull’infiltrazione e il conseguente pesante condizionamento del tessuto economico del territorio. I mafiosi controllavano le postazioni per la vendita ambulante del pane, con episodi anche di imposizione del prezzo di vendita dei prodotti; le specifiche autorizzazioni per l’apertura di negozi ovvero per il cambio della loro gestione, con l’imposizione di ditte e tecnici per la realizzazione di lavori nei locali commerciali; la mediazione nella conclusione e realizzazione di affari immobiliari a favore di soggetti inseriti o contigui alla consorteria mafiosa, destinatari per questo di una rivendicata “prelazione ambientale” e la gestione delle aziende operanti nel settore edile e del movimento terra, direttamente riconducibili agli interessi della famiglia mafiosa, tanto da poter essere considerate – come affermato dal GIP – “vera e propria articolazione imprenditoriale del mandamento di Pagliarelli”.

20 indagati con reddito di cittadinanza

Su 33 indagati colpiti dalla misura cautelare, in venti percepivano il reddito di Cittadinanza, direttamente o tramite il proprio nucleo familiare il “reddito di cittadinanza”. Lo hanno accertato i finanzieri del Gico che questa notte hanno eseguito i 26 arresti contro il clan di Villaggio Santa Rosalia. Il beneficio, in conformità alle disposizioni vigenti, verrà immediatamente sospeso.

Fra le attività criminali della famiglia mafiosa di Villaggio Santa Rosalia di Palermo, colpita questa notte da 26 arresti e 7 interdittive, c’era il monopolio del mercato dei fiori fuori dai due maggiori cimiteri palermitani. Un business milionario scoperto dai militari del Gico della guardia di finanza coordinati dai magistrati della Dda. Secondo gli inquirenti la famiglia che rientra nel mandamento di Pagliarelli imponeva ai rivenditori di fiori vicino alle aree cimiteriali di “Sant’Orsola” e “Santa Maria dei Rotoli”, di acquistare la merce da imprese ragusane, emanazioni di esponenti mafiosi di quel territorio legati al clan stiddaro Carbonaro-Dominante di Vittoria.

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