Il nascondiglio del boss in un appartamento ben arredato a Campobello di Mazara, intestato ad Andrea Bonafede, l'uomo che gli ha ceduto l'identità. Prima notte al 41 bis per l'ex latitante

Nascondersi in bella vista per nascondersi meglio. In molti oggi si chiedono quanto avrebbe vissuto Matteo Messina Denaro in un appartamento ben arredato fra decine di altre abitazioni, in mezzo a famiglie e novelle coppie di sposi a due passi da una palestra, due supermercati e un bar se non avesse avuto il cancro. Da più di un anno era il latitante della porta accanto, il vicino di casa cordiale, il cliente affezionato del supermercato.

 

Ieri pomeriggio, poche ore dopo la cattura fuori dalla clinica di Palermo i carabinieri del Ros hanno trovato il covo dell’ultimo dei boss corleonesi di Cosa nostra. Hanno incrociato le proprietà di Andrea Bonafede, l’uomo che gli ha letteralmente ceduto l’identità, con i dati dei due telefoni trovati addosso, e con le immagini di una vecchia Alfa Romeo 164 la cui chiave d’accensione era nel borsello della primula rossa. Una triangolazione di dati fulminea che ha portato i carabinieri in via Cb 31 a Campobello di Mazara, un vicolo laterale di via Vittorio Emanuele II. Al piano terra del civico 10 in una palazzina di due piani viveva l’ultimo boss stragista, fra sneakers griffate, vestiti di lusso, un frigorifero pieno di cibo, ricevute di ristoranti, pillole per un “aiutino” sessuale, profilattici, un televisore di ultima generazione e alcuni orologi. “L’ho comprata con i soldi di Messina Denaro, lo conosco da sempre” ha detto nell’interrogatorio il vero Andrea Bonafede, oggi indagato per associazione mafiosa e favoreggiamento aggravato. L’abitazione risulta intestata a lui e sarebbe stata acquistata alcuni anni fa per la cifra di 20 mila euro.

 

 

I magistrati della Direzione distrettuale antimafia coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido hanno indagato anche una seconda persona, il medico di base di Campobello di Mazara, Alfonso Tumbarello, 70 anni, in pensione da fine anno. Per gli inquirenti non poteva non sapere che le prescrizioni di esami specialistici per malati di cancro o di terapie oncologiche che consegnava ad Andrea Bonafede non erano per lui. O peggio che quel Andrea Bonafede che si stendeva sul lettino non era il geometra che curava da decenni, ma un’altra persona. Matteo Messina Denaro, appunto. La procura per ora lo ha iscritto solo per favoreggiamento ma la sua situazione è tutt’altro che cristallizzata. L’ultimo tassello del mosaico riguarda Giovanni Luppino, l’autista catturato con il superboss. Il commerciante di olive domani comparirà davanti al giudice per l’udienza di convalida. Anche per Matteo Messina Denaro, da oggi al 41 bis dopo la firma del ministro Nordio, l’appuntamento davanti al gip di Palermo è un momento storico: per la prima volta in 30 anni di processi ha nominato un difensore di fiducia e lo ha scelto nella sua stessa cerchia familiare. Anche se l’incarico non è stato ancora formalizzato la sua difesa verrà presa dalla nipote Lorenza Guttadauro, la figlia di Filippo Guttadauro e di sua sorella Rosalia Messina Denaro.

 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata