La decisione presa dalle sezioni unite. Salvini esulta, insorgono i Radicali
Commercializzare i prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis light è un reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione a sezioni unite presieduta da Domenico Carcano. Secondo i giudici, nello specifico, "la commercializzazione di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016". Pertanto le condotte di cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa "integrano il reato" previsto dal testo unico sugli stupefacenti del 1990 all'articolo 73 "salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante", come ad esempio le caramelle.
Immediato il commento di Matteo Salvini: "Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano". Soddisfatto anche il ministro per la Famiglia e le Disabilità, con delega alle politiche antidroga, Lorenzo Fontana: "Questa decisione conferma le preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino ad oggi".
Dall'altra parte della barricata ci sono invece i Radicali Italiani, da sempre strenui sostenitori della legalizzazione delle droghe leggere, che temono si tratti di una "sentenza politica in linea con il volere di un ministro che ha annunciato un'offensiva nei confronti della cannabis light". Non solo, la questione investe infatti uno dei settori più promettenti dell'agricoltura italiana. "Come è possibile che in un Paese a crescita zero, dove ci si arrovella da decenni su come rilanciare il settore agricolo, ci si accanisca per mero pregiudizio su uno dei più floridi settori industriali?", si chiedono i Radicali.
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