Tra i primi a comparire davanti al gip, avvalendosi della facoltà di non rispondere, è stato Domenico Strangio, ritenuto dagli inquirenti l'esponente dell'omonima cosca della Locride, che riforniva il clan di cocaina

Sono partiti gli interrogatori di garanzia delle 33 persone arrestate nel corso dell'operazione dei carabinieri di Roma e Frascati contro il clan Casamonica. Quattro indagati sono tuttora ricercati. In 37 sono accusati, a vario titolo, di far parte di un'associazione di tipo mafioso dedita al traffico e allo spaccio di droga, all'estorsione, l'usura, la detenzione illegale di armi e tanto altro. Tra gli arrestati ci sono 11 donne e il boss Giuseppe Casamonica che di recente era uscito dal carcere.

Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, partono nell'estate del 2015 e documentano "l'esistenza di un'associazione mafiosa autoctona strutturata su più gruppi criminali, prevalentemente a connotazione familiare", scrivono gli inquirenti. Il gruppo controlla lo spaccio di tutta l'area sud est della città, ha nella zona di Porta Furba il suo quartier generale, e forti legami con altri gruppi di mafia a cominciare da ndrangheta e camorra.

Tra i primi a comparire davanti al gip, avvalendosi della facoltà di non rispondere, è stato Domenico Strangio, ritenuto dagli inquirenti l'esponente dell'omonima cosca della Locride, che riforniva il clan di cocaina. Le indagini si avvalgono, ed è la prima volta che avviene, di una collaboratrice di giustizia per anni parte della 'famiglia', ex cognata del boss Giuseppe, il cui apporto è stato fondamentale per ricostruire i traffici di droga, le attività di usura ed estorsione, le minacce del clan e i ruoli apicali e secondari al suo interno.

Le vittime di usura una volta ricevuto un prestito dai Casamonica, non riescono più a sottrarsi alle richieste di denaro, che continuano anche a distanza di anni e si fondano sulla forza di intimidazione di un gruppo, che il più delle volte non ha neanche la necessità di far ricorso a minacce esplicite per ottenere la consegna di soldi, attività o case. Fra gli arrestati anche appartenenti alla famiglia 'cugina' degli Spada, alcuni dei quali abitanti in vicolo di Porta Furba come il pugile, ex campione italiano, Domenico, detto 'Vulcano'.

Nel corso del blitz sono stati sequestrati documenti, armi e beni per centinaia di migliaia di euro, tra cui una palestra a Marino, riconducibile al pugile finito in manette, un ristorante alle spalle del Pantheon, un centro estetico, un villino e una discoteca a Testaccio, oltre a numerosi conti correnti e una ventina di auto. Sequestrati anche quattro alloggi popolari occupati irregolarmente da alcuni degli indagati e in alcuni casi estorti ai legittimi assegnatari a seguito di debiti contratti con il clan.

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